Gusti; ognuno ha i propri, non solo sui generi letterari, ma anche sugli stili e oggi volevo parlarvi dei miei
I motivi per cui una storia ci piace o finiamo per odiarla possono essere tantissimi, e uno di questi è lo stile adottato dallo scrittore.
Non ne esiste uno sempre valido, perché dipende dal tipo di storia, dalla mano dello scrittore e infine da ciò che si aspetta (e preferisce) il lettore.
Io, ad esempio, non reggo gli stili puramente evocativi. In una storia i momenti di pausa in cui i personaggi riflettono, o si riposano, o lasciano correre liberamente i pensieri ci sono stare e in certi casi sono necessari, ma se l’intera storia è fatta da brani di testo che non dicono nulla, non fanno avanzare o capire nulla e dipingono belle immagini che restano in aria senza mai arrivare a nulla, non ce la posso fare. Piuttosto mi leggo una raccolta di poesie.
Amo invece quelli multiformi, capaci di trasmettere al meglio scene tonalmente diverse, di rendere i momenti di spensieratezza vivaci, indimenticabili e pieni di gioia e quelli tristi o di rabbia in maniera non meno vivida, trascinandoci al centro delle emozioni dei personaggi, come se li stessimo fisicamente accompagnando nelle loro vicende. Nella vita ci sono più emozioni, non solo gioia o tristezza o il brivido di una caccia a qualcosa che vogliamo. Un sapore/emozione potrà risultare prevalente rispetto agli altri, ma i restanti saranno comunque presenti e intensi.
Italo Calvino, nelle sue Lezioni americane raccomanda ai futuri scrittori di usare uno stile leggero e scorrevole ma capace di lasciare un segno, leggero nello stile ma non nel contenuto. Adoro e inseguo questo tipo di leggerezza; come tutti, a volte sento il bisogno di letture disimpegnate capaci di restarmi nella memoria e strapparmi un sorriso, ma ce ne sono altre che mi scivolano addosso come l’acqua, senza lasciarmi nulla e che finisco per detestare. Può dipendere dalla trama, ma anche dallo stile; la storia può essere interessante, ma se lo stile banalizza tutto e suggerisce (o conferma) che quelle premesse intriganti non nascondono che i soliti cliché triti e ritriti, mi diventa impossibile proseguire con la lettura. Ho avuto questo problema con un libro che narrava le avventure di una strega dei giorni nostri che girava il mondo per risolvere misteri e aiutare gente; sembrava interessante, ma lo stile era troppo impegnato a concentrarsi sulle marche degli abiti e degli oggetti di lusso e descriverli nel modo più glamour possibile per occuparsi di tutto il resto. Ho mollato quel libro al terzo capitolo e non riesco a ricordarmi né il titolo, né il nome della protagonista o di chiunque altro comparisse nella storia.
Questo si collega al fatto che gli stili eccessivamente descrittivi, lenti o criptici non riesco a digerirli. Quando mi sembra di aver letto duecento pagine mentre ne ho lette dieci, proseguire mi diventa piuttosto difficile, se non impossibile ed è il problema (non l’unico) che ho avuto con Legend of the galactic heroes. È una saga fantascientifica piena di guerre spaziali, intrighi, tradimenti, eccetera e nel leggerla sembra di assistere a uno di quei vecchi, lentissimi film di guerra che solo pochi appassionati di cinema riescono ad apprezzare pienamente (con tutto il rispetto per la Corazzata Potemkin). Capisco che gli eventi sono numerosi, ma ci sono stili letterari che sarebbero capacissimi di esporli (o riassumerli) in maniera tale da farli scorrere meglio e far appassionare più facilmente il lettore. Ho letto il primo libro che non arrivava alle quattrocento pagine e ho pensato con nostalgia al mio manuale universitario di storia medievale che ne aveva cinquecento, ma era estremamente più scorrevole e facile da leggere. L’ho messo giù e mi era sembrato di avere appena finito Guerra e pace. Nonostante mi fossero piaciute diverse cose (il chiaroscuro morale, certi tocchi nella costruzione del mondo, i tre personaggi principali che, spoiler, muoiono tutti malissimo), non avrei retto altri nove libri scritti così.
Un libro deve lasciarmi qualcosa e per me la confusione e la domanda “cosa accidenti ho appena letto?” non contano. Voglio capire e se dopo aver pazientato per centinaia di pagine a seguire mille ghirigori mentali e cento piste vere e false, mi arriva un finale ambiguo in cui non c’è nulla di chiaro, mi sento presa in giro. L’autore è liberissimo di mettere il finale e la morale che preferisce, compresa quella che la verità non esiste, ma in tali casi preferirei lo chiarisse dalle prime pagine. E nemmeno allora chi scrive potrà prescindere dai gusti del lettore o pretendere che il suo libro piaccia a tutti.
Uno stile che è capace di catturarmi dalle prime righe è invece quello umoristico: basta un narratore che si distacchi dalla materia in maniera scherzosa – salvo svanire per permettere l’immersione nei momenti clou – per incollarmi a un libro. La principessa sposa, letto con il mio gruppo di lettura, sarebbe una storia quasi banale se non fosse per la cornice e lo stile umoristico e molto brillante con cui è narrata.
E voi? Esiste uno stile letterario capace di farvi mollare/innamorare di un libro alle prime pagine e sì, qual è? Fatemelo sapere, continuate a seguirmi e buon quasi Natale!
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