I miei 3 giorni a Barcellona; oggi vi parlerò della mia breve gita appena conclusasi per i miei trentun’anni.
Vedere dal vivo la Sagrada Familia è il motivo principale per cui volevo visitare questa splendida città della Catalogna – guai a chiamarla “spagnola”; i locali tengono molto alle proprie differenze culturali e linguistiche rispetto alla Spagna. Difatti il catalano è una lingua diversa rispetto allo spagnolo e non è raro vedere bandiere indipendentiste appese ai balconi.
Gaudì era un geniale architetto catalano riscoperto negli ultimi anni e la Sagrada Familia è la sua opera più ambiziosa; vi lavorò per 43 anni sino ai suoi ultimi giorni e purtroppo è rimasta incompiuta. La tensione al sacro si mescola a ispirazioni nate dalla natura (le enormi colonne interne sembrano alberi), soluzioni architettoniche originali (come l’arco iperparabolico) e una modernità facilmente accessibile ed estremamente affascinante.
Mi bastò intravedere un pezzetto della facciata dal bar in cui ero entrata per restare incantata. Era colossale, più alta persino di quanto mi aspettassi, bianca e con piccoli oggetti colorati in cima. Solo quando vi giunsi davanti mi resi conto che avevo visto soltanto una delle diciotto torri di questa basilica. Avrei voluto poter diventare tutta occhi e ruotare il collo a 360° per cogliere ogni singolo dettaglio dell’esterno, dell’interno, delle facciate e del resto. La guida mi ha confermato che per cogliere degnamente tutto bisognerebbe ripetere la visita almeno una decina di volte. Non potendo farlo, siamo passati a dare un’occhiata alla scuola costruita da Gaudì per i figli degli operai; distrutta e ricostruita più volte, riuscì comunque a conquistarci con le linee curve, in special modo il tetto.
L’attenzione di Gaudì per l’areazione degli spazi, i suoi accorgimenti per fare in modo che le stanze ricevessero quanta più luce naturale possibile e il suo amore per le linee curve ci fecero apprezzare anche due case da lui progettate che visitammo nei giorni seguenti, Casa Batlò e Casa Milà. La prima è una rielaborazione personalissima della leggenda di San Giorgio e il drago, assai nota e amata in Catalogna, la seconda è una casa piena di motivi marini, dalle ringhiere dei balconi modellate sull’alga posidonia alle linee ondulate.
Le ho amate tutte e mi è piaciuta tantissimo anche Barcellona: sapevo che era una città molto grande, ma non immaginavo che fosse una metropoli pienamente paragonabile ad altre come Los Angeles o New York. A qualsiasi ora del giorno e della notte c’era tantissima gente per le strade, negozi e ristoranti sempre aperti … so che è normale nelle metropoli, ma mi ha fatto molta impressione dopo mesi di covid e il fatto che tuttora (almeno dove vivo io) dopo le nove non ci sia nessuno in giro se non è il fine settimana. Quasi ogni palazzo e chiesa del centro ha una storia da raccontare, compreso un salone che ho visitato dove si svolse l’incontro tra Cristoforo Colombo e i reali di Spagna sugli esiti del suo viaggio alle Americhe. Se la guida non mi avesse spiegato che era proprio quella sala, non l’avrei mai pensato; viene usata per mostre ed esposizioni e sul soffitto ha ancora i ganci di ferro a cui appendevano i lampadari di candele. In una cappella poco distante c’è una pala d’altare completa del 1400 – cosa in cui è rarissimo imbattersi perché con il successivo affermarsi del collezionismo vennero quasi tutte divise e sparse.
Ero l’unica a non sapere che dopo un attentato fallito al re di Spagna, quest’ultimo decise di punire la Catalogna vietandole di commerciare con l’America? Il divieto resistette per ben due secoli.
Il cibo – e la possibilità di trovarne a qualsiasi ora – è un’altra cosa che ho apprezzato tantissimo. Le tapas – piccoli antipasti salati di ogni genere, dalle tartine alle crocchette – sono piuttosto stuzzicanti ed è difficile non trovare qualcosa di proprio gusto. Io ho un debole per le crocchette e trovarne di fatte a mano e ricche di sapore anziché di quelle surgelate e standardizzate è stata una grande gioia. Il jamon serrano è disponibile a prezzi assai più contenuti ed è ottimo, come i loro altri tipi di prosciutto, ma i loro salami non mi hanno fatta impazzire. La paiella è buona, ma trovarne di veramente buona non è semplice, visto che la stragrande maggioranza dei ristoranti è a carattere turistico.
Spagnoli e catalani sembrano condividere un grande amore per la convivialità e i pasti; era difficile non trovare ristoranti e bar a ogni angolo. Los Caracoles, uno dei ristoranti dove ho cenato, ha accolto senza prenotazione me, mia sorella e i nostri genitori, ma per la coppia arrivata subito dopo non c’era già più posto!
Avrei voluto visitare il museo del cioccolato, ma era chiuso lunedì e l’ho imparato domenica sera. Prima dell’Ottocento non esisteva un modo industriale di produrlo, perciò era una prelibatezza per ricchi e ogni paese aveva un modo proprio di farlo (e saperne di più mi suscita appetiti non solo intellettuali). Quello spagnolo è molto denso e saporito e posso testimoniare che si sposa benissimo coi churros, una pasta fritta senza sale di cui adoro sia il sapore che la consistenza, molle e leggermente croccante.
Ho fatto un giro per un bus turistico di quelli scoperti, ma Barcellona è così grande che ci sono più di quattro giri possibili! Tra monumenti e curiosità, mi resta ancora tantissimo da vedere. Spero di poterci tornare presto.
E voi? L’avete mai visitata? Prima di questa visita non ero mai stata sulla Spagna continentale, solo sulle Baleari e le Canarie.
Questo articolo ha 0 commenti