Un articolo tedesco ha degradato Dante proprio a Dantedì. I miei pensieri in merito.
Sebbene la versione originale dell’articolo in questione NON denigri il nostro poeta, alcune “accuse” sono questioni interessanti da sviscerare (e smentire). Eccole:
1 – Dante non ha inventato l’italiano.
Se per “inventare” ci immaginiamo qualcuno che tira fuori dal cappello qualcosa di prima inesistente, è vero: Dante non ha inventato l’italiano. Ma bisogna tenere presente che all’epoca le opere letterarie di maggior peso erano scritte in latino. La scelta controcorrente di Dante diede alla lingua italiana una grandissima dignità e prestigio, rendendo immortale non solo il suo poema ma anche la lingua e la grammatica da lui usate (ma non inventate). E scusate se è poco.
2 – Dante è un arrogante con un ego immenso.
Dai materiali su di lui, emerge che effettivamente il sommo poeta aveva un’alta opinione di sé. Ma nella Divina Commedia è un mezzo imbecille che senza Virgilio o Beatrice a spiegargli le cose o salvargli la pelle sarebbe perso o morto. Dante-personaggio NON è il perfetto so-tutto-io senza difetti alle cui labbra il lettore dovrebbe pendere – come altri autori si dipingono. Perciò, a prescindere da come si sia comportato nella vita reale, non vedo come questo suo difetto personale abbia potuto danneggiare la Divina Commedia.
Personalmente, trovo che abbia un ego assai più misurato rispetto ad altri scrittori moderni che ho letto. Provate voi a scrivere così tanti versi pieni di simmetrie interne e simboli mentre siete esiliati e correte da una parte all’altra della penisola cercando di non morire e non far soffrire i vostri cari in un’epoca di continue discordie e guerre.
3 – Non si sa se Beatrice sia esistita davvero.
Non ho mai incontrato un solo studioso, storico o dantista che abbia sconfessato l’esistenza di una donna fiorentina chiamata Beatrice Portinari morta prematuramente per parto. Se l’autore dell’articolo ne ha trovato uno dovrebbe presentarcelo e argomentare più a fondo.
4 – Dante non cita mai la moglie e i figli nelle sue opere.
Dante non era interessato a lasciarci una biografia su di lui. Il suo obbiettivo era presentare la sua come una vicenda esemplare (ossia da cui trarre esempio), di un uomo che non riesce a superare il lutto della persona amata e cade sempre più in basso finché non tocca il fondo e da lì, con l’aiuto di guide fidate, la Fede e virtù che pian piano acquista/riacquista riesce a tornare a rivedere le stelle, a sperare, credere nel Bene anche se tutto gli andava storto, a sollevare lo sguardo, per indurre i lettori a fare lo stesso e non cedere alla disperazione o al vizio. Noi diremmo che voleva crearsi un personaggio che passava dalla disperazione alla speranza e in questo processo era ovvio che alcune parti della sua vita sarebbero state “tagliate via”. Non sappiamo cosa moglie e figli pensassero di questa scelta, ma il fatto che la figlia, nel farsi monaca, abbia scelto il nome di Beatrice fa pensare che la capissero (altrimenti non avrebbe scelto un nome che creava tensioni e acrimonie in famiglia).
5 – Il motore centrale della Divina commedia sarebbe innanzitutto la voglia del poeta di giudicare e condannare, mettendo chi gli piaceva in Paradiso e chi disapprovava all’Inferno.
Questo aspetto è presente nel poema, ma è estremamente meschino e falso pensare che ne sia il motore e tema principale. (A parte il fatto che TUTTI giudichiamo le persone e non credo esista un solo essere umano sulla faccia della Terra che non abbia mai mandato a quel paese – cioè appunto all’Inferno – un suo consimile più o meno meritatamente). Il tema principale è accompagnare il lettore assieme a Dante in un viaggio al centro del cuore dell’uomo e del suo destino ultimo, dal rapporto con Dio alla questione della libertà al come comportarsi con altri esseri umani in un passaggio da una fase di tenebre e mancanza di speranza fino ad arrivare… alle stelle. Nel cammino ci sono exempla di vite bruciate o ben spese ed era inevitabile che il poeta le sortisse secondo le sue sensibilità e riflessioni. Nessuno è obiettivo, non lo era Dante, non lo è chi ha scritto l’articolo e non lo è nemmeno ogni singolo altro scrittore mai esistito, nemmeno quelli che si presentavano come tali.
6 – L’aldilà sarebbe poco interessante e vuoto, “un paesaggio da uffici”.
Siamo sicuri che stiamo parlando dello stesso poema? È tutto un rigoglio di immagini tratte dalla vita quotidiana di allora – compreso il Paradiso – e descrizioni arricchite dalla bravura di vari disegnatori da milletrecento a oggi. Poi si parla delle questioni più ardenti e profondi, come si possa definire “vuoto” un’opera come la Divina Commedia mi sfugge.
7 – La via della beatitudine NON passerebbe per la vita coniugale, che sarebbe stata rivalutata da solo Martin Lutero e la riforma protestante.
La scelta di Dante di dare spazio a Beatrice anziché parlare di sua moglie è mossa innanzitutto dalla voglia di riallacciarsi – e muovere critiche – alla letteratura provenzale di allora dove l’enfasi era su rapporti adulterini e/o su donne angelicate. Da lì Dante aveva mosso i suoi primi passi, ma non credo proprio che il poeta tenesse in considerazione così bassa i rapporti coniugali; l’amore coniugale è pensato da sempre dai cattolici come uno dei gradi di amore più alti – senza avventurarci nei santi o aspettare Lutero, basti pensare allo scrittore Chretien de Troyes (circa 1135-1190) che esalta e difende l’amore coniugale di contro alle mode della letteratura cavalleresca.
8 – Shakespeare sarebbe più moderno rispetto a quel bacchettone moralista di Dante.
A parte il fatto che non mi risulta che le opere di Shakespeare siano popolate da personaggi amorali, è questione di gusti. Sono considerate moderne le opere letterarie che decostruiscono e mettono in dubbio tutto, mentre vengono dichiarate arretrare quelle che vanno in senso opposto, cercando il senso, ripresentando/rivisitando in maniera vivida e intensa il pensiero della sua epoca e quelle che l’hanno preceduta come la Divina Commedia. Confesso che preferisco le opere “arretrate”, ma stabilire che un’opera letteraria è superiore o inferiore solo su questa base è ingeneroso e fasullo. Oppure, questione di gusti. La letteratura non è una maratona dove si possano misurare le performance dei vari contendenti e dire oggettivamente “questo ha fatto meglio e questo peggio”.
Tutti siamo moralisti e ci interessiamo di morale a modo nostro. Pensare che la morale tradizionale sia inutile o pericolosa e da sostituire al più presto è a sua volta una posizione moralistica.
E voi? Avete letto l’articolo in questione o l’avete ignorato? Avete un poeta medievale preferito o amate di più quelli moderni? Fatemi sapere nei commenti e continuate a seguirmi!
Questo articolo ha 0 commenti