Di manga ne ho letti un sacco, ad aprile, ben quattordici! È tempo che ve ne parli.
Purtroppo non è raro un buon lavoratore finisca licenziato per false accuse, invidie, e/o la stolidità del proprio capo. Ma cosa succede quando capita a una giovane col potere di curare le ferite e tenere lontani i mostri? Che il paese è spacciato, come recita il titolo di Because I, the true saint, was banished, that country is done for!
La protagonista, che ha i succitati poteri, viene bandita con futili pretesti dal principe del regno fanta-medievale in cui vive, trovando lavoro (e futuro marito) nel regno vicino. La trama non brilla particolarmente ma alcuni tocchi me la fanno apprezzare, tipo il drago intenzionato a vendicare la protagonista che invece di radere al suolo tutto se la prende solo col responsabile. Finalmente una bestia magica intelligente. La futura caduta del regno è trattata con un misto di preoccupazione e comicità e ci sono piccoli misteri sparsi per la trama, tipo chi, come e perché abbia maledetto il Fenrir che la famiglia del futuro marito di lei tiene come animale domestico.
Nessuno dei personaggi brilla per profondità della caratterizzazione, ma non sono neanche stereotipati in modo tale da risultare fastidiosi o poco credibili. L’unico per cui mi sia dispiaciuto davvero non è la protagonista (coi suoi poteri non le era certo difficile trovare impiego), bensì il capo delle guardie; si vede che aveva del tenero per lei e gli ha spezzato il cuore non poter far cambiare idea al principe. Decide di dare la priorità al lavoro e al suo giuramento da cavaliere, finendo in prima linea a prendersi in faccia i casini delle pessime decisioni del principe. Povero.
A un certo punto c’è una veduta del duomo di Firenze spacciata come vista sulla capitale del secondo fanta-regno. Capisco che gli sfondi pre-renderizzati possano aiutare gli illustratori, ma c’è un limite a tutto. Almeno modificateli un po’.
È una serie tranquillissima per chi vuole staccare un attimo il cervello. Non ho altro da aggiungere alla lettura dei due primi volumi.
I manga li leggo volentieri, ma detesto quando a non uscire è il romanzo che adattano, perché preferirei leggere quest’ultimo. È stato così anche per Whoever steals this book, una storia paranormale su una biblioteca di libri maledetti; rubarne uno scatena una determinata maledizione legata a un genere letterario, e spetta alla giovane custode e uno spirito-volpe rintracciare il ladro, il maltolto e spezzare la maledizione. Vedere la realtà riscriversi per aderire a un genere letterario è una trovata molto creativa nonché uno spettacolo, lo stile di disegno è bellissimo, ma ci sono cose che restano inspiegate e mi è stato difficile capire se è così per via di una cattiva traduzione, o del volere dell’autore. Scommetto che nel romanzo è più chiaro; spero che prima o poi esca, ma nel frattempo mentirei se non dicessi di non avere gradito questa avventura così particolare. La consiglio, ma avverto che serve avere un buon livello culturale per cogliere i riferimenti.
Shadows House è un manga soprannaturale dove la trama procede più per intrighi e rivelazioni, che non scene d’azione (in minoranza, ma non assenti). Nel tredicesimo e quattordicesimo volume si conoscono meglio alcuni personaggi presenti fin dall’inizio, il loro tormento e quanto siano bastardi i loro capi – se pure non fosse già chiaro da un pezzo. La strategia delle protagoniste inizia a dare buoni risultati, ma bisognerà vedere cosa succederà dopo il tiro mancino degli “adulti”. È intrigante, ma a tratti il dialogo può diventare eccessivo e pesante; vista l’atmosfera opprimente, non sorprende affatto che i personaggi vogliano scappare. È una serie che merita, ma ha un ritmo volutamente più lento di molte altre.
Nel trentacinquesimo volume di Black Clover finisce l’arco narrativo ambientato in un paese simile al Giappone e iniziano le mazzate finali della serie. Ho preferito di molto la prima parte alla seconda, che è molto più seria e incasinata, piena di bastonate magiche e qualche colpo allo stomaco. I primi capitoli, invece, contengono sviluppi di vari personaggi, qualche informazione sui piani e i poteri del boss finale e perfino qualche scena comica; un equilibrio migliore. È il bello e il brutto delle serie d’azione.
Il ritmo convulso e le mazzate continue al punto da rendere difficile seguire la storia con attenzione sono gli unici difetti del centosettesimo volume di One Piece. La quantità di rivelazioni è assurda nel senso migliore della parola. Un’altra storia che sta entrando nelle fasi finali e ha accelerato il ritmo al massimo, ma so già che ne varrà la pena.
È un sacco che non riprendevo in mano Spy x family, ma nel leggere le prime pagine del dodicesimo volume ho riscoperto il motivo per cui la amo: il suo essere un misto equilibrato e particolarissimo di azione, sangue, pugni allo stomaco, ma anche umorismo, pucciosità, e speranze. Il messaggio di concordia e antimilitarismo suona molto più sincero e impattante di tanti drammi pesanti intrisi di prediche. Finisce su un cliffhanger, ma sono più incline a preoccuparmi per il cattivone, ora che è arrivata Nightfall.
Lo stile di disegno di Atelier of Witch hat è superbo in tutti i suoi volumi, compreso il dodicesimo, dove perfino un mostro immondo finisce per avere una sua strana bellezza. La caratterizzazione coerente dei personaggi, il loro scontrarsi e incontrarsi per le vie della vita e della città sotto attacco, il farsi domande e dubitare … è tutto splendido. È anche reso estremamente bene il conflitto morale con tutti fanno i conti: rispettare le regole o trasgredirle. Invece di semplificare il discorso presentando ribelli belli e buoni che risolvono tutti i problemi ammazzando o imprigionando chi le segue o le ha fatte, caratterizzato come mostro oppure molto ottuso, la questione è presentata in modo molto più sfumato. È vero che le regole sono arbitrarie, create e applicate dai maghi nonostante i loro dubbi, i sensi di colpa e i problemi che causano, ma lo è altrettanto che la ragione per cui sono state istituite è molto solida, e trasgredirle comporta conseguenze molto negative. Il mostro orribile che sta attaccando la città è frutto di una magia proibita, e gli incantesimi di attacco altrettanto vietati fanno danni enormi all’ambiente, al punto che perfino il mago all’origine del casino ammette che entrambe sono proibizioni giuste. Sia la rigidità estrema, sia ciò che sta dietro il confine delle regole è presentato come mostruoso, o perlomeno problematico. È una serie che adoro e riesce a equilibrare perfettamente i momenti dark e le rivelazioni con i momenti leggeri. Ve la consiglio, ma partite dal primo volume.
Avevo buone aspettative per Ginka e Glüna, ma sono andate in gran parte deluse. Il primo è un pupazzo di neve ambulante abitato dal frammento dell’anima di un grande mago, che fuggì là dopo essere stato sconfitto e ucciso, la seconda la bambina – poi ragazza – a cui decide di insegnare la magia, con grande profitto. Ovviamente lei impara tutto a meraviglia in cinque anni anche se il resto del pianeta ce ne mette più di dieci, ma non stiamo a sottilizzare. Decidono di partire per un viaggio intorno al mondo per recuperare i pezzi del cadavere (e anima) di lui, perché contengono ancora abbastanza energia magica da causare una marea di danni. Ginka è un personaggio interessante e spiritoso con un passato tutto da scoprire, il mondo presenta punti di interesse nonostante sia pieno di cliché, e … ho finito le cose buone da dire. La storia non decolla, a parte Ginka il cast risulta indegno di nota e assai poco memorabile e il modo in cui sono dispensate le informazioni mi porta a credere che lui e la sua protetta soffrano del temibile morbo di Infodump. Quest’ultimo è una strana condizione che costringe chiunque incontri i protagonisti a narrare la storia della propria vita e le sue motivazioni nel giro di cinque secondi scarsi.
Ci sono tanti modi di introdurre i personaggi, ma assalire i protagonisti con informazioni su di sé in maniera non richiesta non è il migliore. Lo stile di disegno non mi ha fatta impazzire e certi passaggi sono davvero troppo caricati.
Leggendo, si ha l’impressione che questo primo volume sia stato scritto da un bambino pieno di entusiasmo per le avventure che scriverà, ma senza la pazienza necessaria a imbastire una premessa coinvolgente. Dubito che continuerò.
Witchwatch è un manga rosa scritto dal veterano Kenta Shinohara, autore di Astra lost in space, uno dei miei primi manga nonché dei miei preferiti. Ho preso il primo volume e, pur avendo letto la premessa dell’autore che invita a leggerla senza darle troppo peso, non ci sono riuscita. È anche colpa mia che non vado matta per le commedie amorose ad ambientazione scolastica. Ho trovato Nico fastidiosa, lagnosa, scema e fin troppo incompetente per una strega che in teoria ha finito l’addestramento. Capisco che a sedici anni non si possa avere la maturità di trentadue, ma che dopo aver reincontrato il suo amico di infanzia gli sfasci la vetrata, lo privi di un oggetto importante senza consenso e si metta in pericolo di vita nel giro di cinque minuti è troppo. Mi è stato impossibile non compatire Morihito, costretto ad accollarsela, ospitarla in casa e farle da schiavetto, pena finire mutato in un mostro. Il cozy feel dei primi batticuori, l’innocenza e il senso di magia insita (anche) nel quotidiano c’è ed è molto gradevole, ma da solo non basta per indurmi a continuare la serie.
Se però vi piacciono le commedie romantiche-scolastiche, ci sono ottime probabilità che amerete questa serie, che oltretutto ha uno stile di disegno piuttosto gradevole.
Keep your hands off Eizouken è una serie che ho preso in mano per curiosità e parla di un gruppo di scolarette appassionate d’animazione che fondano un club a tema. Il primo volume le vede conoscersi e intraprendere una battaglia in salita per assicurarsi l’attrezzatura, una sede per il club e l’approvazione del budget da parte del consiglio studentesco. La fantasia, l’innocenza, l’amicizia, un grande sogno che sembra impossibile e la forza d’animo richiesta per intraprendere quella strada sono temi trattati in modo realistico, eppure leggero e pieno d’incanto. Lo stile di disegno non incontra i miei gusti personali, ma devo ammettere che funziona; i personaggi sono stati la mia parte preferita, sono ben curati e resi. Mi è piaciuto, ma dubito che continuerò.
Tutti, in qualche misura, conosciamo i power rangers: eroi vestiti con colori vivaci che combattono un mostro diverso a settimana, più cattivi senza nome né volto che miracolosamente sopravvivono alle esplosioni. Ma cosa accadrebbe se i rangers, sconfitti i cattivi più pericolosi, costringessero gli sgherri rimasti a mettere in piedi uno spettacolino settimanale dove sono destinati a perdere per il piacere delle masse? È questa la premessa di Go! Go! Loser ranger! Il protagonista è E, uno degli sgherri letteralmente senza volto (non sono umani, bensì una specie umanoide con poteri di metamorfosi) che decide di passare al contrattacco, infiltrarsi nella danarosa organizzazione dei ranger e distruggerla dall’interno. La premessa è creativa, la costruzione del mondo pure, ma ho qualche riserva per quanto riguarda i personaggi. E e i suoi compari sono caratterizzati bene, ma quasi tutti gli umani che incontra sono o stereotipati, o scemi, o scervellati ché vorresti chiamare la neuropsichiatria. Il contrasto tra buoni corrotti, seri, avari e metodici e cattivi rilassati e spiritosi è molto stuzzicante. La serie è comica, ma ha molta azione e momenti brutali; probabilmente la seguirò.
La fiction abbonda di maggiordomi; spesso sono leali, fedeli e molto preparati, ma anche loro possono perdere la pazienza per condizioni di lavoro estreme e ingiuste. Capita questo al protagonista di Fed up with being the spoiled queen’s genius butler, I ran away and built the world’s strongest army. Stanco per le vessazioni della regina, il suo fedele maggiordomo decide di abbandonare lei e il paese, e rifarsi una vita altrove. Ben presto viene fuori che i suoi nevi d’acciaio, cultura e forza fisica, date per scontate e velatamente insultate dalla regina, sono così pronunciate da far gola all’esercito e così muove i primi passi per farsi arruolare. Nel mentre incontra una principessa non molto indifesa, un nobile pomposo e fastidioso che le prende sia in faccia che nel resto del corpo e altri aspiranti soldati. Finisce per attirare molta attenzione, al punto che la sua vecchia datrice di lavoro riesce a rintracciarlo, e il primo volume si chiude così.
La caratterizzazione dei personaggi non è profondissima, ma lo stile di disegno super espressivo, l’azione e la comicità mi sono piaciuti molto, al punto che l’ho finito in un sol giorno e aspetto il seguito con grande impazienza. Non escludo che sia l’adattamento di un romanzo comico, e spero di metterci le mani sopra, in futuro.
E voi? Avete letto manga, di recente, se sì quali?
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