Anche quest’anno, il Salone del libro era ricco di offerte librarie interessanti, ma ho combinato ben di più, nel mio viaggio.
Reduce dal mio bellissimo ma stancante viaggio in Austria, avrei gradito qualche giorno di tranquillità; pensavo di andare a Torino domenica sera, alloggiare in un albergo e godermi la fiera nella più assoluta calma e minore affollamento del suo ultimo giorno.
Ma la sorte ha mandato all’aria quel piano perché, con mia sorpresa, sono stata invitata a un aperitivo al centro commerciale Lingotto, a due passi dalla fiera del libro. Il mittente era Rotte Narrative, una realtà su misura per aspiranti scrittori italiani che offre i corsi più completi che si possano desiderare in materia, una community costruttiva e altri servizi piuttosto utili. Avevo sempre interagito virtualmente e in modo indiretto con loro e l’idea di conoscerli di persona era ottima. Accettai così l’invito, fissato per venerdì sera.
E mi feci prendere da un altro, folle desiderio: visitare il museo della Sacra Sindone, giusto a una mezzoretta di cammino dal mio albergo vicino alla stazione.
Dopo aver fatto da guida a una mostra temporanea a Reggio Emilia sullo stesso argomento, mi era nata la curiosità di vederlo. La Sindone autentica non è esposta al pubblico se non in rare occasioni; il museo torinese ne ha una copia fedele, i documenti di chi ne indagò i misteri e alcune opere d’arte moderna ispirate a essa. Tra queste ultime, volevo vedere due sculture: una che ricostruiva come fosse da vivo l’uomo della Sindone, e un’altra che lo mostrava con tutte le ferite (con buona probabilità, la ricostruzione più accurata possibile di come fosse il Crocifisso).
Con mio enorme disappunto, soltanto la prima delle due opere era presente nel museo. Ne ho trovata un’altra in cui l’autore immaginava il Risorto nei primi istanti della nuova vita, avvolto di luce sotto al sudario; la perizia dell’autore è evidente, ma mi era personalmente sembrato uno zombie rianimato da un effetto speciale.
Non rimpiango la visita che era molto ben organizzata, se non ci fossi andata mi sarebbe rimasta la curiosità. Nel frattempo era giunta l’ora di avviarsi all’aperitivo, ma ero troppo lontana dalla metro. Che fare?
Fermarmi a un bar perché avevo sete, notare che proprio lì davanti c’era una piazzola di sosta (vuota) per i taxi, fare un paio di domande al barista, trovare proprio lì un tassista in pausa, sentirmi dire da lui che era troppo stanco e di affidarmi alla sua collega appena arrivata.
Quest’ultima si è rivelata una persona molto piacevole che mi ha incoraggiata e accompagnata a destinazione al massimo della velocità consentita dalle leggi e dal traffico intenso.
Sono a mio agio con gruppetti di persone che conosco, meglio ancora se uno a uno, ma mettetemi davanti a un gruppo grande di persone che parlottano fra loro e/o già si conoscono e mi blocco peggio di un computer in crash.
Non aiutava il mio ritardo, causato dal traffico e dal fatto che quel centro commerciale fosse il più grande in cui sia mai stata in Italia. Era di quattro piani, conteneva un intero cinema multisala, più di una dozzina di ristoranti, almeno tre o quattro supermercati e altri negozi ancora. Ho dovuto chiedere indicazioni per trovare l’ascensore e il bar al quarto piano, e non li ho raggiunti senza prima una camminata veloce di quasi dieci minuti.
Giunta lì, dovevo “solo” vincere la mia estrema timidezza. L’unico che ho riconosciuto era Livio Gambarini, il megacapo fondatore di Rotte Narrative di cui ascolto la voce da mesi nei corsi. Ho aspettato che si staccasse dalle persone con cui stava per parlando per dire una cosa al cameriere, per poi aspettare che finisse e si voltasse per presentarmi.
È stato molto professionale, una persona giustamente sicura di sé, ma non al punto da darsi delle arie, cosa purtroppo non scontata. Gli ho raccontato brevemente del mio percorso da scrittrice e di come i suoi corsi mi stessero aiutando a correggere la rotta; ho scoperto con non poca sorpresa che sa cosa sono le light novel. Dopo un paio di chiacchiere mi ha accompagnato in un angolo del bar lasciandomi con altre scrittrici del mio livello. Una di loro, Martina, è stata così carina da suggerirmi qualche nome di scrittore italiano che scrivesse fantasy non dark.
Non odio chi ama o scrive quel genere, sono solo infastidita perché in libreria sembra esistere solo quello, una volta che superi i dieci anni di età.
Ho riconosciuto un mio conterraneo (parmense) da come aveva attaccato il salame, che nessuno a parte noi due stava toccando.
La serata è stata piacevole, ma non mi sono trattenuta a lungo perché non mi andava la prospettiva di prendere la metro col buio. E ho dovuto di nuovo chiedere indicazioni per raggiungerla dal centro commerciale, perché la città dove vivo e quelle che frequento più spesso sono in scala molto più ridotta.
Ma il giorno dopo, ero pronta. Armata di marsupio, con la valigia semivuota in attesa di riempirla di libri, mi sono presentata all’ingresso. Mi aspettavo della gente, ma non di dover fare tre chilometri e passa di fila, per fortuna molto scorrevole.
Mi sono pentita piuttosto in fretta di non essermi procurata una mappa. Presumendo erroneamente che fosse il terzo padiglione a contenere gli autori fantasy italiani come era stato per il 2023, mi ci sono avviata a grandi passi solo per trovarmi in mezzo a editori che non conoscevo e saggi di varia natura. Lì ho comprato Viaggi nel medioevo, un libro su come si viaggiasse in quei secoli.
A quel punto ho iniziato a vagolare senza meta, in attesa di qualsiasi titolo, copertina o nome di editore che attirasse la mia attenzione.
Ma di lì a poco, una scoperta avrebbe cambiato completamente il mio umore e il mio modo di guardare all’editoria italiana: ho trovato la bancarella di Tora edizioni, che prima non conoscevo e lì la primissima light novel italiana, Le Cronache di Florens.
Il tipo di fantasy che credevo di conoscere solo io e che non avrei mai visto, né letto nella mia lingua madre era lì, davanti a me. Ero sul punto di commuovermi.
L’autrice, Marisa Salatino, era proprio dietro al banco e cascò la mascella anche a lei, quando le dissi che anch’io ero una divoratrice di light novel. Se non fossimo state in fiera bensì in pasticceria ci saremmo sedute allo stesso tavolo e a furia di pasticcini e chiacchiere sulle nostre serie preferite, avremmo fatto notte.
Ovviamente lì ho preso i primi due volumi delle Cronache, il primo volume in edizione definitiva di Drizzit (che ho conosciuto come un gioco di ruolo agile e semiserio con un umorismo assai godibile), Killer Queen (il primo euromanga che mi sia mai piaciuto e posso dirlo perché l’ho già finito), Tomb Rider i diecimila immortali (perché mai rifiutarsi una bella storia d’avventura non troppo cupa?), Zelda – dietro la leggenda (perché di curiosità sui videogiochi non sono mai sazia). Il volume di Drizzit me lo sono anche fatto firmare e disegnare (una vignetta extra) dall’autore, Bigio.
Ho tenuto fede al mio proposito di leggere e conoscere meglio il fantasy italiano, comprando in vari banchetti: Mytilus Dei – la congiura delle cozze di Stefano Franzini e Black Port – la morte verde di Fabrizio Fortino (conosco Lovecraft e le storie a lui ispirate non mi dispiacciono), La Mesmerista di Sara Simoni (uno dei nomi consigliati, ambientato in un universo alternativo dove gli Asburgo hanno appena vinto la prima guerra mondiale; essendo appena tornata dall’Austria, mi farà uno strano effetto, è come se fosse destino), Eternal War di Livio Gambarini (ne ho sentito parlare molto e bene). Questi solo al banchetto della Acheron Books.
Poi ho preso L’Elisir della Discordia di Pietro Ferruzzi, da lui autografato perché il tema di magie fuori controllo può essere molto intrigante, Animali misteriosi e come mangiarli, Fantasmi in tribunale, Sherlock a Shangai, Miti e racconti dal Vietnam e due libri dalla bancarella di Nuinui: Il milione e Miti e leggende dei celti. Ho divorato il primo durante il viaggio di ritorno e ne sono stata soddisfatta; so per esperienza che questa casa editrice sa selezionare ottimi racconti da vari popoli. La loro raccolta I racconti del grande nord è tuttora una delle mie preferite.
Non potevo non passare dall’editore Lindau, dove ho preso Sulle ali della libertà e La pista magica.
Un’altra cosa che non potevo fare era disdegnare i manga. Approfittando di una promozione, ho preso Tale of reincarnation in Maydare (che mai e poi mai mi sarei aspettata di trovare in italiano), Super Mario manga mania (di cui ho sentito parlare per anni), La via del grembiule (di cui ho sentito ottime cose), Dungeon Food, l’euromanga Dada adventure e ricevuto gratis I quattro fratelli Yuzuki.
Se sarà tutto oro quel che luccica in questo tesoro di pagine, ancora non posso dirvelo, ma non vedo l’ora di scoprirlo.
Man mano che la valigia si riempiva, diventava più difficile governarla. La folla aumentava, assieme al caldo e alla lunghezza delle file per tutto, così ho deciso di andarmene prima del tempo. Giunta in stazione con venticinque gradi e passa mi sono concessa un gelato di cui avevo fisicamente bisogno per raffreddarmi e ho aspettato con grande agio e un sacco di letture che mi arrivasse il treno.
Il viaggio di ritorno è stato piacevole e liscio e auguro a tutti voi che sia lo stesso per il resto della vostra settimana.
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