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Wrap up di febbraio 2024 parte 1 di 3

Il wrap up di febbraio consta di diciotto libri, troppi per parlarne in una volta sola. Eccovi la prima parte

 

Di libri lenti ne ho letti tanti. Dracula di Bram Stoker, ad esempio. Oppure il primo volume di Legend of the galactic heroes, dove il 40% iniziale è un riassuntone della storia umana prima di arrivare ai protagonisti e le loro battaglie spaziali.

Ma il libro con cui ho aperto questo mese, li batte tutti. Al confronto, Dracula diventa un romanzo d’azione al cardiopalma e Galactic heroes è più veloce di Speedy Gonzales sotto tripla caffeina in endovena.

The diary of a middle-aged sage’s carefree life in another world inganna, perché non lascia trasparire quanto sia lento né dalla copertina, né dal titolo. Sembra uno di quei tipici fantasy dove il giocatore fortissimo di turno si ritrova a vivere nel suo videogioco preferito, e seguono vari casini. Lo è, per una ragione spiegata nel modo più noioso possibile. Le divinità di un altro universo avevano confinato una divinità malvagia che non erano riuscite a sconfiggere nel videogioco amato dal protagonista, a mo’ di boss finale. Sconfittolo, i giocatori ne avevano innescato l’auto-distruzione che ha ucciso loro, e tutti gli altri giocatori che erano online al momento del fattaccio. Le divinità della Terra avevano protestato, così le divinità responsabili avevano reincarnato i giocatori morti nel loro mondo, coi poteri e l’aspetto dei rispettivi avatar.

Tutto ciò è comunicato agli interessati, tutti risvegliatisi in punti a caso del nuovo mondo, con un messaggio scritto con tanti punti esclamativi e un tono più sca**ato di un impiegato statale di pessimo umore.

“Questa rivelazione ha ammazzato gran parte del possibile dramma e ogni senso di mistero, ma non è tutto perduto” mi sono detta. “Se il mondo ha qualcosa di interessante e i personaggi sono ben fatti, non mi dispiacerà assistere alle loro avventure”. E com’era il mondo?

Bella domanda: per un numero di pagine mostruosamente alto il protagonista ha vagato a caso in una foresta piena di mostri (ma nulla di interessante) lamentandosi per tutto il tempo. Avere trentacinque anni, tanta forza magica e zero personalità, non basta a reggere un romanzo o per potersi definire un protagonista interessante.

Prima di incontrare altri personaggi umani nelle circostanze più cliché possibili, ci ha messo un secolo. Un 40% di libro di fuffa, lamentele e considerazioni tra il ridicolo e il dimenticabile. Quando incontra altri umani e inizia a imparare diverse cose sul mondo il libro migliora, ma continuano ad abbondare gli spiegoni. Vedere la magia spiegata con il brio e la semplicità di una complessissima formula di era una cosa di cui non sentivo il bisogno. D’accordo, lui ne sa di più del resto del mondo perché quest’ultimo è rimasto indietro per varie ragioni, ma davvero doveva spiegare e ri-spiegare ogni minuzia in cinquanta pagine? Io come lettrice, volevo a ogni costo sapere ogni dettaglio di come funziona la magia? No, o almeno, non a questo prezzo.

Si fa amiche delle persone, aiuta un orfanotrofio e dei bambini, tutto molto bello, il genere slice of life vive di queste cose, ma il ritmo continua a essere lento in modo esasperante. I personaggi oscillano tra la sufficienza e lo stereotipo; nessuno di loro è mal scritto, ma sono tutti abbastanza dimenticabili.

Mi ha fatto ridere – in modo sbagliato – quando il protagonista si accorge che uno stretto parente della persona che lo ospita gratis, è sotto il controllo mentale di qualcun altro. Cosa fa? Lancia l’allarme, lo libera, lo dice a qualcuno? No: lo riempie di botte, lo umilia pubblicamente, se ne torna a casa e se ne dimentica.

Protagonista dell’anno.

(Ci pensa poi un gancio del padre a farlo rinsavire).

Mi è sembrato di navigare nella melassa su una barca senza motore e senza vele. Da evitare, a meno che non cerchiate qualcosa di estremamente lento.

 

Di Pasqua in Pasqua – commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico B è una raccolta di sermoni domenicali che si presta a essere letta come dei testi brevi di carattere spirituale. Non vi trovato nulla di banale, e più di una volta mi sono ritrovata con gli occhi lucidi e qualche lacrima giù per la guancia. Sono agili, ben scritti e impeccabili dal punto di vista del contenuto – non a caso sono opera di Fabio Rosini, autore della trilogia dell’arte (L’arte di ricominciare, L’arte di guarire e L’arte della buona battaglia, che sono alcuni dei migliori libri di spiritualità cristiana in circolazione). Ne sa più sul comportamento umano di tanti psicologi.

L’unica pecca è che dopo due pagine ti senti già “pieno” e il libro ne ha 204 … ci ho messo settimane a finirlo, sessione breve per sessione breve.

Forse avrei dovuto leggere un pezzetto per domenica, ma ormai ero partita in quarta…

 

Canine detective Chris è un mystery che ha per protagonisti due bambini e un cane addestrato a fare il poliziotto, “degradato” a civile per proteggerlo e perché terrorizzato dagli insetti. Dei rapinatori di gioielli iniziano a compiere rapine vicino a casa e i bambini – più il cane – sono intenzionati a stanare i colpevoli e riportare la pace nel vicinato.

L’autore, Tomoko Tabe, è stato bravissimo a creare tensione con pochi, semplici ingredienti; sono ancora qua a chiedermi se troveranno mai il padrone originale del cane, nonché il suo addestratore, colpito alla testa da uno dei colpevoli. Pensavo riportassero la notizia del suo decesso o del ricovero in ospedale, invece niente. La storia prosegue in un secondo volume, visto che hanno catturato alcuni membri dell’organizzazione criminale ma non i capi, e si vede il cane ringhiare contro qualcuno di sospetto.

Se la polizia giapponese è davvero così veloce a intervenire, beati i giapponesi.

Il libro non mi è dispiaciuto, ma non mi ha neanche presa al punto da farmi desiderare di proseguire; resta ottimo per i più giovani.

 

Only I know this world is a game è una serie di romanzi di cui, con mio enorme fastidio, hanno tradotto in inglese solo la versione manga. Nel terzo volume di quest’ultimo, esce finalmente di scena uno dei personaggi femminili più fastidiosi di sempre: miss Trail. Lei ha una buona motivazione e le migliori intenzioni, ma combina più disastri di Paperino e Paperoga messi insieme. Combina un disastro, chiede scusa, si allena per diventare più forte/non ripeterlo, poi combina un disastro ancora più grande e il ciclo si ripete all’infinito. Lo troverei estremamente fastidioso anche se fosse di sesso maschile. Il disastro di questo volume è che per un disguido – risolvibile se lei avesse avuto una briciola di cervello in più – una guerriera assassina prende di mira il protagonista, e l’intero volume vede miss Trail chiedergli lagnosamente scusa, mentre lui tenta invano di allenarsi. Alla fine lui si salva ingannando la guerriera e salpando su un dirigibile magico verso la capitale per prevenire altri disastri, mentre miss Trail rimane a terra a salutarlo. Quando ho visto questa scena stavo letteralmente facendo i salti per la felicità, non solo perché lui si era salvato, ma soprattutto perché Trail si levava dalle scatole. È dal secondo volume in cui lei era diventata co-protagonista temporanea, che il mio apprezzamento per la serie era calato. Lei lo ama, ma non è ricambiata ed è una combina-casini inarrestabile; una relazione non può reggersi con simili premesse.

Il mondo della storia è un videogioco pieno di errori di programmazione e solo il protagonista – un suo videogiocatore accanito finito a vivere lì dopo una specie di incidente – se ne rende conto. Gli altri abitanti sono pienamente senzienti, ma al contempo legati a sottigliezze della programmazione; non trovano strano, per esempio, che alcune bottiglie mandino un suono ritardato, se finiscono per terra.

A intrigarmi sono le bizzarrie infinite e ben dettagliate del mondo di gioco, le storie di chi lo abita, nonché la lenta evoluzione del protagonista, che finisce per interrogarsi se sia valsa la pena giocare al punto da perdere i contatti col resto della sua vita reale, a cui ora non può più tornare.

Di personaggi palla-al-piede scritti male che l’autore vuole promuovere a tutti i costi, faccio volentieri a meno, grazie.

Spero che il quarto volume sia migliore, o almeno che traducano i romanzi originali; in caso contrario, sto valutando se abbandonare la serie. Non sopporterei un’altra miss Trail.

 

Il settimo volume di Hellmode era ciò che mi serviva per rifarmi la bocca; avevo alte aspettative che sono state superate. È una serie che adoro. Il protagonista non è particolarmente complesso, ma ha una sua personalità definita e specifica, una motivazione sensata e tutto quel vasto mondo brulica di eventi, mostri, misteri e personaggi interessanti, e scusate se è poco. Ci sono scene d’azione, altre di riflessione, festa, e in questo volume si trovano anche risposte ad alcune domande importanti – che esito a spoilerare perché Hellmode è una serie che vi stra-consiglio. In questo volume il gruppo di eroi si divide per affrontare varie minacce che stanno colpendo contemporaneamente più parti del globo, e si vengono a sapere cose piuttosto allarmanti su come funzionino le divinità. Restano ulteriori domande, ad esempio perché i demoni vogliano affrettare la fine del mondo, e cosa ci guadagnerebbero a far risorgere una divinità oscura, ma mi sta bene non sapere tutto subito.

No, non è vero, voglio sapere tutto e subito e che appaia magicamente il resto della serie. L’autore Hamuo è bravissimo a creare tutto ciò partendo da ingredienti usatissimi: mondi pseudo-medievali con meccaniche da videogioco, e un protagonista reincarnato dal Giappone. Eppure quel mondo ha le sue particolarità, e sembra vivo e plausibile.

È anche uno di quei posti dove non andrei mai a vivere, ma una visita immaginaria mentre leggo la merita pienamente.

 

Anche il libro che ho letto dopo appartiene a una serie che amo e seguo da tempo: Kuma kuma kuma bear. In questo diciassettesimo volume non ci sono grandi scosse; nondimeno, alcune scene sono state piuttosto spassose, non è mancata del tutto l’azione e la garbata parodia nei confronti di vari cliché del fantasy e del rosa mi ha fatta ridere di gusto. È un light fantasy senza grossi drammi, ma con un mondo plausibile e pieno di tanti piccoli misteri e dettagli curiosi. È impossibile non affezionarsi ai personaggi, che sono semplici, ma non suonano mai piatti o troppo scontati. Yuna è la protagonista, ma tutti finiscono per narrare almeno un pezzetto della storia.

Il momento in cui lei sogna che i suoi orsi magici parlano e si fondono in un panda, e per un po’ crede che sia vero mi ha fatta morire.

Il volume si chiude con lei che inizia a esplorare un nuovo continente e io che non vedo l’ora di scoprire cosa succederà.

 

Leggo non solo per divertirmi, ma anche per riprendermi dallo stress, e febbraio ne è stato pieno. Confesso che non mi dispiace poter dividere questo wrap-up in tre parti; mi sarà più semplice da scrivere e potrò meglio dedicarmi alla lotta contro la mia lunghissima lista di cose da fare.

Fatemi gli auguri.

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