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Aggiornamenti di scrittura

Aggiornamenti di scrittura; cosa sto tramando?

 

L’esperienza di partire in quarta con tanto entusiasmo e idee a mille, per poi finire il carburante e non sapere cosa mettere nella seconda parte di una storia, è comune a tantissimi scrittori, soprattutto se esordienti. Armata di interi quaderni pieni di appunti e delle stesure precedenti di Camena, credevo che questa sorte non mi sarebbe toccata, e avrei finito la saga nel giro di pochi anni. Nel frattempo la gente avrebbe letto il primo libro e, se gli fosse piaciuto, avrebbe proseguito, e il numero di lettori sarebbe cresciuto a ogni volume, fino ad arrivare a un vero e proprio trionfo nell’ultimo volume.

Mi sbagliavo su tutti i fronti, e posso solo incolpare la mia hybris.

Se leggere una saga richiede un investimento non indifferente in denaro, attenzione e pazienza, per scriverne una è necessaria una quantità di resistenza mentale che avevo tragicamente sottovalutato. Non ero arrivata nemmeno a metà dei tre archi narrativi programmati e già Camena era diventata uno zaino pesantissimo che dovevo portare in spalla per una maratona, un ingombro che mi impediva anche solo di pensare a qualsiasi altra storia. Per anni. E come se non bastasse, ecco il blocco dello scrittore condito da diecimila dubbi e scrupoli che mi aspettava all’ultimo capitolo del quinto volume.

In questo stato di cose sono venuta a contatto con un ottimo corso di scrittura, diverso da tutti gli altri. Suddetto corso, Lo scrittore speciale non si limita a mettere una toppa sui problemi di dialogo o altre aree percepite come deboli, ma aiuta a inquadrare l’intera situazione: non solo come scrivere, ma anche lo stato dell’editoria in Italia, le abitudini dei lettori italiani, in che modo i diversi generi letterari sono percepiti…

Solo allora ho scoperto che nelle saghe il numero dei lettori, anziché aumentare, diminuisce a ogni libro. Magari l’ultimo sarà letto da un manipolo di fedelissimi che lo coprirà di recensioni pluristellate, ma saranno molto meno numerosi di chi aveva letto il primo.

Un altro meccanismo di cui io stessa faccio parte ma ho sempre ignorato, vuoi per ipocrisia, vuoi perché sono bravissima a distrarmi, è che il fantasy in Italia vende bene, ma i lettori tendono a preferire quelli scritti da autori stranieri. Perciò, chi vuole cimentarsi a scrivere fantasy in italiano, deve trovarsi una nicchia (nonché un editore) in cui i lettori siano più aperti all’idea di un autore nostrano. Un’impresa piuttosto ardua.

E c’erano molte altre questioni e domande che non avevo mai considerato, spinta dalla smania di scrivere qualunque cosa mi passasse per la testa. Quale è il target preciso del mio libro? A quale libro scritto da un autore italiano in tempi recenti è simile, così che possa proporlo a lettori già interessati a quello specifico sottogenere? In che modo il difetto più grande di Camena è legato agli eventi della storia?

Valeva la pena continuare a portare quello zaino quando posso deporlo, camminare con calma, e riprenderlo un domani in cui sarò una scrittrice migliore? Nonostante il mio stato d’animo al riguardo si sia incupito, amo Camena, è una saga a cui ho dato tutta me stessa e le mie capacità, ma non posso illudermi che siano sconfinate. Posso migliorare ancora e raggiungere vette che prima nemmeno sognavo, ma per riuscirci devo prendere un bel respiro, decidere le mosse migliori e deporre lo zaino per un po’. Mi dispiace perché mi sembra di tradire chi mi ha seguito fin qua, ma l’alternativa sarebbe ficcare la testa sotto la sabbia, convincermi che ne so di più del resto del mondo e continuare a scrivere a testa bassa con zero voglia, ispirazione e tante idee confuse. Difficile immaginare che così facendo i due terzi restanti di Camena raggiungano una qualità soddisfacente.

Rimango convinta della buona qualità dei miei libri che ho scritto finora, ma so di poter fare ancora meglio. Ho imparato che il mondo della scrittura è estremamente più complesso di quanto non credessi; saper scrivere serve, ma da solo non basta.

Voglio terminare il quinto libro entro quest’anno in modo da dare a Camena un finale temporaneo che tiri le fila del suo sviluppo psicologico e risponda a qualche domanda importante. La riprenderò quando sarà il momento giusto.

Per il resto, la stesura della mia fanfiction I divoratori di stelle, prosegue a rilento, senza alcuna fretta né pressione. Per il mio bene mentale è opportuno che scriva qualcosa solo per me stessa senza preoccuparmi degli errori o dei dettagli, e riservi per il pubblico le storie più rifinite e con maggior potenziale.

Per decidere quale libro scrivere è bene tener conto di quattro criteri: cosa piace allo scrittore, cosa si è bravi a scrivere, cosa piace al pubblico (ossia cose per cui si può essere pagati), storie di cui il mondo ha bisogno. Sebbene non obbligatorio, è bene tenere in conto anche di quali siano i generi letterari meglio venduti in Italia.

Perché non è obbligatorio? Scegliere un genere molto richiesto permette di trovare facilmente dei lettori, ma al costo di un mare di concorrenza. Invece sperimentare per dare i lettori qualcosa che vogliono ma non sanno di volere renderà la scalata molto più difficoltosa, ma senza concorrenti.

In questo momento sto soppesando alcune idee che avevo accantonato per Camena, ma non ho ancora deciso a quale dedicarmi.

Avevo considerato di scrivere gialli intorno a due intellettuali medievali che conosco e ammiro (Chretien de Troyes, scrittore di poemi cavallereschi nonché il primo a menzionare il sacro Graal, e il Burchiello, rimatore quattrocentesco contemporaneo a Lorenzo il Magnifico ma con idee assai diverse), ma non ne sono molto convinta. Il giallo è un genere piuttosto formulaico di cui ho letto un’infinità di libri, e non mi attira come scrittrice; avrei l’impressione di spuntare ingredienti da una lista, più che di comporre un’opera originale e fresca. Un altro problema è che dovendo immergermi nella ricerca storica mi farei prendere dall’ansia e dal perfezionismo, e finirei o per bloccarmi, o per scrivere qualcosa di più affine a una tesi. Un libro pieno di affermazioni esatte, ma non particolarmente interessante da leggere.

Oppure potrei riscrivere e dare nuovo lustro alla Rivolta dei sogni, un romanzo breve mystery distopico con un paranormal romance. Quest’ultimo è un genere che vende bene, ma siccome la storia d’amore non è il focus principale, mi accuserebbero giustamente di pubblicità fasulla. Altrimenti potrei riprendere il personaggio investigatore/cacciatore di mostri lì presentato e ficcarlo al centro di un thriller soprannaturale, con umani, mostri, ma soprattutto omicidi e tensioni politiche.

Un’altra idea che mi è venuta in questi giorni e per cui ho buttato giù una ventina di pagine, sarebbe Le avventure di Vera e Mr. Villain. In una versione kid-friendly dell’Inghilterra vittoriana, la moglie del tipico eroe archeologo/esploratore amato da tutti ne viene abbandonata, e per vendetta decide di allearsi col più grande rivale di lui: l’arrogante e baffuto Heinz. Grazie ai soldi e il cervello spaventoso di lei, Heinz inizia a mietere successi e a provare curiosità per quella donna così misteriosa e potente. Sarebbe un rosa slow burn, ma anche un racconto di avventura e omaggi alle situazioni tipiche dei vecchi cartoni. Non mancherebbe una componente mystery nell’ultima parte.

Avrei anche altre frecce al mio arco, dei rosa fantasy e/o storie di vendetta in altri mondi, ma intanto preferisco finire il corso e impratichirmi di un’arte che non possiedo: la scaletta. Avere già tutte le idee in fila anziché trovarne a caso durante la stesura mi renderebbe la vita assai più facile.

Ho ancora tantissimo da imparare, e spero di poterne condividere i frutti con tutti voi e i lettori che troverò lungo la strada.

Il mio obbiettivo non è nemmeno pubblicare con un grande editore, soltanto di poter scrivere libri che amo, piacciano e possano illuminare le giornate e le vite alle persone. Ci sono così tante cose che voglio scrivere.

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