Realismo e romanzesco possono imprimere direzioni diverse a una stessa storia di fiction e oggi volevo parlarvene
La prima parola del titolo è nata per definire una corrente letteraria che aveva la presunzione di registrare su carta la realtà così com’era, senza interferenze da parte dell’autore. Tuttavia ciò è impossibile: persino la fotografia porta con sé tracce di chi l’ha scattata (magari omettendo di proposito parte della storia, oppure nell’inquadratura o ancora nel diverso livello di perizia).
Nella fiction, questa parola viene spesso invocata come rimedio quando accade qualcosa di così imprevedibile, improbabile (e non di rado impossibile senza intaccare regole del mondo già viste e provate prima) che si preferirebbe che tale evento non si fosse verificato affatto, oppure che l’autore l’avesse preparato meglio. In quei casi si dice “vabbè che siamo in un mondo di fantasia con magia/fantascienza, ma questo evento non è proprio realistico”.
Nella fiction, il realismo è ciò che ci permette di trovare umani, familiari e plausibili i personaggi anche se vivono in mondi e società inesistenti e compiono imprese mirabolanti. Realismo può essere la presenza di difetti umani, la morte improvvisa e/o ingiusta di un personaggio anche se è amato o riveste un ruolo importante, oppure tradimenti, disastri, invidie, ciò che in bene o in male è associato all’umano. Il realismo può essere crudele o addirittura noioso, come è la vita reale – che ricorda, nonostante lo scrittore non la possa mai riprodurre in maniera perfetta od oggettiva.
Il romanzesco, invece, è la spinta opposta verso forme di semplificazione o idealizzazione lontane dalla realtà. Sono romanzesche quelle coppie dove l’unico problema sono le circostanze (e mai le dinamiche interne), è romanzesco che nonostante i mille pericoli i personaggi principali riescano a sopravvivere e si salvino/salvino gli innocenti all’ultimo secondo, è romanzesco l’eroe senza macchia e senza paura e il cattivo con tutti i torti del mondo. È romanzesco anche che non invecchi mai nessuno. Interi cicli epici e libreschi sono romanzeschi e amatissimi.
Una buona fiction riesce a bilanciare questi aspetti, nonostante non esista una formula universale per equilibrarli; ogni storia è diversa e ha le sue esigenze. Pesano anche i gusti personali: una storia troppo realistica potrebbe annoiare o allontanare certi lettori e farne innamorare altri, e viceversa una storia troppo romanzesca potrebbe attirare legioni di fans e alienarne altri.
Niente di questo sarebbe un problema, se non sentissi una certa tendenza, predominante soprattutto nelle lettere occidentali, a stimare e usare di più il realismo a scapito del romanzesco, come se uno dei due avesse un valore intrinsecamente superiore all’altro. È come dire che il rosso ha più valore del blu perché sì.
Non è scritto da nessuna parte che tutte le storie debbano per forza essere tragiche, realistiche o profonde. Non tutti i libri devono essere biografie, storiografie o manuali scolastici – che sono (o almeno sarebbero) tenuti a fornire informazioni esatte e reali.
Mi trovo in forte disaccordo con chi condanna l’escapismo: trovare ristoro e speranza nei tempi bui in modo innocuo e innocente non è qualcosa di cui vergognarsi. Ci sono persone che in suddetti tempi bui preferiscono prendere (figurativamente) il toro per le corna ed esplorare come l’umanità se la potrebbe cavare contro catastrofi spaventose o in mondi terrificanti, ma non vale per tutti; dipende dai gusti, dalla forma mentis e a volte dai periodi che attraversiamo. A volte sentiamo il bisogno di storie col lieto fine, eroi che maturino abbastanza da governare un intero regno, salvataggi mirabolanti all’ultimo minuto e ogni altro conforto che possa darci il romanzesco. Ci sono casi clinici di persone che, mancando di una tale vitamina, sentono il bisogno di consumare molti cibi che la contengono e vale lo stesso per le storie.
I personaggi saranno anche finzionali, ma possono farci riflettere, ridere, accompagnarci e ispirarci come – anzi, spesso di più – di persone reali.
Perciò, vi prego, autori, pensateci bene prima di ammazzarli. E dosate bene realismo e romanzesco, perché i buchi di trama non possono essere tappati da un loro cattivo uso.
E voi? Preferite le storie più romanzesche o più realistiche? O preferite che i due elementi siano ben miscelati?
Ps nonostante le insinuazioni, non ho scritto questo articolo solo perché non ho ancora digerito la morte di Kirckeis e degli altri due personaggi che amavo di Legend of the galactic heroes, nossignori.
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