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In difesa del plot armor

Il plot armor protegge uno o più personaggi da morte certa. Alcuni lo odiano, ma in certi casi è necessario

 

Ci sono personaggi che scampano a qualsiasi disastro a scapito della razionalità o di qualunque legge della fisica. Possono buttarsi da un treno, finire coinvolti in una sparatoria o sparati da un cannone e rialzarsi con al massimo un paio di graffi o lividi, mentre altri possono morire cadendo dalle scale.

Nel primo caso si parla, in inglese di armatura della trama. La stragrande maggioranza di chi tiene corsi di scrittura e una buona parte dei lettori la aborre, sostenendo che sia più opportuno evitarla uccidendo personaggi anche importanti o addirittura cambiando genere della storia e scene, ma non sono d’accordo.

È un “male” necessario se si vogliono salvare personaggi importanti e parti fondamentali della storia.

(Spoiler in arrivo per) Legend of the galactic heroes presenta nel primo volume una delle amicizie maschili migliori, più toccanti e sentite che abbia letto, peccato che uno dei due muoia in modo straziante già nel secondo volume. Un pizzico di questa armatura avrebbe potuto preservare con poco sforzo una delle cose più belle di questa serie – che pur essendo dotata di lati positivi, mi pesa quando (ri)comincia a macinare lunghe battaglie spaziali, economie, politica e sette segrete che non mi diventano assolutamente trite e ritrite quando ne incontro una per la triliardesima volta.

La morte è dovuta al tentativo riuscito di proteggere l’amico da un attentato; è logico che ci abbia lasciato le penne, ma non era inevitabile. Siamo in un mondo di pura fantascienza, nulla vietava all’autore di inventarsi una tecnologia difensiva o di altro tipo per salvarlo. Se un autore vuole salvare un personaggio, l’unica cosa a impedirglielo è la sua immaginazione, basta trovare una scusa che regga e rispetti le regole note del mondo in cui si svolge la storia.

Sei tu a fare le regole: devi rispettarle, ma sei tu a deciderle.

Il problema è lo stesso del prestigiatore che non deve far vedere il segreto dietro ai suoi trucchi. Un’armatura correttamente eseguita non viene nemmeno notata dai lettori – e verrà anzi applaudita quando salva i personaggi migliori in modo intelligente, inaspettato e drammaticamente soddisfacente.

Se ad esempio il personaggio A è un avventuriero pronto a tutto, non è poi così strano che possa portarsi a dietro un aggeggio utile a cavarsi dai guai. Se B riesce a farsi amici ovunque, non è impossibile che arrivi qualcuno a salvarlo all’ultimo secondo. C è una persona prudente, se cade in un’imboscata non è improbabile che abbia con sé qualcosa in grado di rintracciarlo – e così via.

Avevo già scritto un articolo su questo argomento, ma volevo dire agli scrittori: vi prego non ammazzate i personaggi migliori e date a quelli che si sbattono come matti un finale lieto decente ché se lo meritano e lo meritano anche i miei nervi giova ancora una volta ripetere che nella scrittura non esistono strumenti sbagliati, esistono solo modi e storie giusti e sbagliati in cui applicarle.

Sono a favore dell’armatura quando usata con saggezza perché consente salvataggi soddisfacenti all’ultimo minuto, lieti fine meritati e splendidi payoff. Questi ultimi sono quei momenti in cui c’è un colpo di scena che collega in modo sensato e splendido elementi già noti che sembravano poco importanti e sono una delle gioie della lettura.

Il fatto che preferisco il lieto fine è solo una coincidenza.

 

E voi? I personaggi li preferite vivi o morti, in generale? Fatemi sapere nei commenti e continuate a seguirmi!

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