I personaggi forti sono alleati potentissimi o avversari a prima vista insormontabili. Ma non solo…
Nelle storie, la forza è solitamente qualcosa che tutti quanti, comprimari, protagonisti e cattivi, possiedono o cercano di ottenere. Che sia padronanza di mirabolanti tecniche marziali, devastanti incantesimi, ricchezza, potere, armi o altro, è un topos così frequente che ormai tendiamo a dare per scontare che la forza sia questo. Eppure esiste un altro tipo di forza che amiamo vedere nelle storie: il carisma, la resilienza, la capacità di non perdersi d’animo e trovare un modo per salvare capra e cavoli in una situazione difficile, l’inventiva, la sete di sapere, il rialzarsi dopo che è crollato tutto e riprendere a sorridere sono tutti tratti positivi che amiamo vedere e possono caratterizzare qualcuno molto di più della sola sete di potere/impulso di diventare più forti.
Una giovane donna è maltrattata dall’unico membro rimasto della sua famiglia (che si trova in una posizione di potere), successivamente impara che la vuole morta e non ha altra scelta che fuggire, corre via e si ritrova sola in una foresta buia e terrificante finché non crolla. Poi si rialza, ingoia la paura e trova un rifugio nel bosco, ma capendo di essere alla mercé di chiunque lo abiti (e di non poter pretendere vitto e alloggio gratis) si offre di tenerlo pulito. Per sua fortuna gli occupanti della casetta sono di buon cuore e accettano la proposta. Si crea una buona relazione di amicizia, ma senza alcuno spiraglio sul suo futuro: continuerà per sempre a lavorare in quella casetta? È davvero al sicuro dalla persona che vuole ucciderla? Non ha modo di saperlo e durante questo difficile periodo, fa ciò che faceva a casa, quando girava vestita di stracci: non lamentarsi, né vivere nella paura, né comportarsi in modo orribile con chiunque le passasse a tiro, ma cantare.
Questo canto è qualcosa di sciocco e infantile, una manifestazione di debolezza di cui vergognarsi o un segno di forza? L’ottimismo di chi non ha altra scelta che esserlo o disperarsi va celebrato o le uniche storie degne di essere ricordate sono quelle di chi compie grandissime cose? Ha più impatto la storia di una donna che si finge uomo e va in guerra per salvare il padre ben sapendo di rischiare la pelle o una donna che fa altrettanto ma ha poteri pazzeschi da uno su un milione e tutto ciò che deve fare per attingere pienamente alla sua grandezza è smettere di nascondere la sua identità?
Mi rifiuto di credere che i reboot disneyano di Mulan sia superiore all’originale del 1998. Sì, sono irrazionale e no, non giudico chi preferisce il reboot.
Comunque, prima, vi ho descritto il canto di Biancaneve. Al pari di Cenerentola, si trova in una situazione ingiusta, orribile e spiacevole da cui non si può uscire facilmente (per giunta senza avvocati o polizia a cui rivolgersi). Queste principesse disneyane incarnano comunque un tipo di forza: l’ottimismo sul futuro anche quando oscilla tra il grigio e il nero, il lavorare duramente, il mantenere un atteggiamento positivo anche quando il mondo crolla loro intorno.
Sarà il momento che stiamo passando, la nostalgia o la mia personale preferenza per l’animazione in 2D, ma questo tipo di protagonista mi parla a un livello molto più profondo che Elsa di Frozen o la Mulan del reboot.
Nei film soprattutto diretti ai più giovani ormai siamo abituati a principesse che non hanno bisogno di essere salvate, hanno quasi sempre ragione e vengono accompagnate da orecchiabili canzoni pop mentre vanno alla scoperta di sé stesse che le porterà a un grado di saggezza, auto accettazione, realizzazione (e moralità) superiore. Ma è davvero una morale?
Quello di conoscersi e accettarsi è un passo molto importante nella vita e salute mentale di ciascuno, ma non è l’unico: non tutto ciò che è nel cuore umano è buono. Nessuno è privo di debolezze, errori, fallimenti, figuracce e di una parte di sé che, se non trattata a dovere, rischia di portare a gravi conseguenze per sé stessi e chi si ha accanto e vedere personaggi di finzione riuscire a domare questa parte di loro stessi dopo una lunga lotta è sempre di soddisfazione.
Gli antichi direbbero che dopo aver conosciuto noi stessi dobbiamo incanalare ciò che abbiamo scoperto nel sentiero delle virtù; che sia vero o meno, agire sempre e solo di testa propria facendo sempre e solo ciò che si vuole sul momento non è una garanzia automatica di prendere decisioni giuste. Anzi.
I protagonisti forti in senso fisico non mi dispiacciono, ma adoro anche i personaggi resilienti.
E voi? A cosa pensate quando si parla di personaggi forti? Vi piacciono i protagonisti dinamici o quando il protagonista è statico ma porta gli altri personaggi a cambiare? O dipende dalla storia? Fatemi sapere nei commenti e continuate a seguirmi!
Questo articolo ha 0 commenti