Oggi si festeggia il Dantedì; in questo articolo volevo elencare i motivi per cui Dante non è e non sarà mai troppo celebrato.
Incubo degli studenti, gioia di studiosi che dedicano tutta la loro vita a lui, il grande scrittore fiorentino non ha mai smesso di parlarci. Ecco cinque buoni motivi per continuare ad ascoltarlo.
Primo: il suo messaggio è universale. Tantissime cose nella sua opera possono essere comprese solo tenendo conto della mentalità aspetti della sua epoca, ma il contenuto è diretto agli uomini di ogni tempo. L’umanità nei secoli può cambiare usi e costumi, ma ciò che può salvarla o dannarla non cambia. La capacità di perdono, di continuare a sperare anche quando tutto sembra/è perduto, di trovare soluzioni e non scoraggiarsi continuano a essere preziose.
Secondo: è buon esercizio di elasticità mentale. Alcuni aspetti della Commedia ci sembrano datati o discutibili? Sì. Vale la pena di censurare l’intera opera? No. Ogni buono storico sa che non possiamo giudicare le epoche passate usando la nostra mentalità come unico metro. Andare avanti significa correggere e rimediare agli errori del passato e contemporaneamente mantenere e migliorare ciò che di buono i nostri antenati ci hanno lasciato; bruciare tutto e idolatrare a torto il passato sono entrambe opzioni sbagliate.
Terzo: accessibilità. La scelta del poeta di scrivere in una lingua che anche i popolani potessero comprendere era estremamente lungimirante. Quanti intellettuali, oggi, non condividono questo approccio, disprezzando le persone comuni e parlando volutamente in un linguaggio criptico per farsi comprendere da pochi? La conoscenza è oggi più facilmente accessibile di allora, ma occorrono comunque validi strumenti per navigare in questo mare magum di informazioni non sempre accurate. La scienza si è divisa in un’immensità di piccoli rami che non sempre riescono a fare abbastanza divulgazione da rendersi completamente comprensibili ai non addetti. E non aiuta, in questo, il meccanismo di certi media e gli intervalli di attenzione sempre più brevi: leggere ci aiuta a combattere questi problemi, sviluppare senso critico, allenare la concentrazione e combattere i pregiudizi, siano essi sul passato o sul presente.
Quarto: speranza. L’epoca in cui abitava il poeta non era semplice: guerre e discordie erano ovunque e Dante le provò sulla sua stessa pelle. Eppure non cedette alla disperazione: la sua opera è proprio un grido rivolto a chi attraversa le tenebre, a chi non ha più niente a cui aggrapparsi perché non ceda alla disperazione. Anche per lui non fu semplice, esiliato dalla sua amata patria, privato della donna amata, costretto a lavorare presso corti straniere; ma non cedette e ci lasciò un’opera che, a differenza di molte odierne, ci aiuta ad alzare lo sguardo, ci ricorda che siamo noi – non la società, non la nostra storia individuale per quanto difficile, non il nostro segno zodiacale – a decidere e a non doverci arrendere allo scoraggiamento. Ci ricorda che il bene, anche se in modo invisibile, lavora di continuo, persino quando siamo quando persi in una selva oscura.
È uno dei motivi per cui mi dispiace che Purgatorio e Paradiso non ricevano la considerazione che meritano. Sono scritti in modo più complesso, ma vale la pena conoscerli.
Quinto: sostanza. Da lettrice, un problema che mi capita di avere coi libri è pensare: “è scritto bene, ma non ha sostanza, non mi lascia niente nella memoria”. Con la Divina Commedia non è così; è un’opera completa che abbraccia ogni sfumatura dell’animo umano, dalle zone più abiette a quelle più luminose, senza dimenticare nulla. un’opera che resta nella memoria e resiste sempre allo scorrere del tempo.
E voi? Come celebrerete questo Dantedì? Amate Dante o vi dovete ancora riprendere dalle maratone per studiarlo? Fatemelo sapere nei commenti e continuate a seguirmi!
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