Quando decise di continuare l’Orlando Innamorato lasciato incompiuto dal Boiardo, l’Ariosto non si aspettava un simile successo; il suo Orlando Furioso stregò innumerevoli lettori, poeti, artisti e altri ancora da allora in poi… me compresa.
Questo articolo, difatti, non vuole essere altro che una dichiarazione d’amore nei confronti di una delle opere fantastiche preferite. Definirlo “fantasy” suonerebbe come una forzatura poiché, sebbene il fantasy abbia più di un topos in comune con le storie di cavalleria, l’Ariosto non l’aveva certo scritto con in mente le nostre categorizzazioni sul fantasy.
Ludovico Ariosto non si limitò a comporre “cose dilettose e nove” per intrattenere gruppi di nobili che condividevano idee e fantasie sulla cavalleria (scopo dichiarato dell’Innamorato), ma trasformò la sua continuazione in qualcosa di estremamente più vasto e ambizioso.
Innanzitutto, nella forma: la rima ottava già adottata dall’Innamorato viene da lui portata a un livello eccelso di equilibrio. Non importa cosa narri una singola ottava, se sia un momento giocoso oppure tragico, l’impressione che lascia nel lettore è di un equilibrio sereno e sovrano sommamente piacevole al suono. Si dice che il Foscolo, davanti all’oceano, abbia esclamato davanti alle onde: “così poeta l’Ariosto!”
Al di là della verità o meno di questo aneddoto, ci sono altri motivi per ricordare e amare il Furioso. Ad esempio la fantasia nel combinare materiali e spunti già esistenti utilizzandoli in modo nuovo e intelligente, oppure nel creare ex novo scene e personaggi, doti tuttora cruciali per un buono scrittore. Un altro elemento ripreso persino dalle serie televisive odierne è la tecnica dell’entrelacement; già usata dagli autori francesi medievali, consiste nel sospendere continuamente la narrazione per poi riprenderla, passando dalle vicende di un personaggio a quelle di un altro. Tali vicissitudini si svolgono in contemporanea, fino ad arrivare a momenti in cui le storie si riallacciano e i personaggi di più storie appaiono in una stessa scena.
In queste occasioni l’Ariosto si premura di ricordare al lettore cosa era accaduto in precedenza, prevenendo così eventuali (e perdonabili) smemoratezze da parte di chi legge.
Ma soprattutto, amo e ammiro il Furioso perché è una di quelle opere letterarie che racchiudono i sogni, le glorie, ma anche le angosce di un’epoca e di una cultura senza risultare pesanti, noiose o troppo cupe. Il Furioso è intrattenimento, risate, ma anche tragedia, riflessione, fantasia compilativa e creativa, saggezza, pazzia racchiuse in un’armonia poetica che tutto controlla e tutto fa prosperare, come siepi rigogliose e fiorite ben potate da un accorto giardiniere.
Ariosto scrisse ulteriori capitoli, ma per amore della sua opera evitò di aggiungerli, poiché si accorse che quell’incanto era rotto e i nuovi versi lasciavano trasparire la sua disperazione per lo stato delle cose.
Sogno da sempre di poter leggere un’opera fantastica simile che dia conto delle gioie e miserie della vita moderna senza cadere nella disperazione, nel grigiore o in un eccesso di ambiguità che la renda difficilmente leggibile e comprensibile. Una sorta di Divina Commedia in prosa, godibile e scorrevole, con colpi di scena sensati, vicende e personaggi intriganti e se non la troverò, la scriverò io stessa.
Voi siete d’accordo? Leggereste un’opera simile o preferite letture di più corto respiro? Vi piace il Furioso o l’avete lasciato volentieri nei libri di scuola? Fatemi sapere tutto nei commenti!
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