Ho sempre amato i cartoni animati e questa mia passione, oltre ad affiancare e influire sulla mia scrittura, mi ha esposta a ogni tipo di opinioni sullo stato dell’animazione: “l’animazione tradizionale è morta per sempre”, “no perché in televisione è ancora usata e ci sono i segni di un suo ritorno”, “la Pixar faceva splendidi cartoni animati ma ora ha perso terreno”, “i Minions sono un prodotto di bassa lega” sono alcune di queste.
Ma che cos’è un cartone animato? Ha senso applicare questa etichetta anche agli odierni lungometraggi animati? E in ogni caso, chi merita la coppa di migliore cartone animato: gli acclamatissimi film della Pixar oppure i lucrosi e gialli Minions?
Cominciamo presentando i concorrenti: da un lato di questo ring (dell’)immaginario, i film della Pixar, osannati dalla critica per l’altissima qualità dell’animazione, la scrittura a più livelli e i suoi personaggi complessi. Dall’altro i film della Illumination Entertainment, che ha fatto della riduzione del budget un suo marchio di fabbrica; i suoi film sono bene animati, ma presentano personaggi e storie semplici, farcite di gag alcune delle quali dirette agli adulti.
L’esito sembra deciso prima ancora di cominciare, ma il campo di battaglia riserva delle sorprese. È vero, secondo molti un buon film animato dovrebbe presentare questioni complesse e profonde, avere personaggi tridimensionali, una buona storia con tanti colpi di scena e, ovviamente, una buona animazione. Ah, e ovviamente essere alla portata di tutti perché questo capolavoro possa avere il successo che merita dando inizio a un franchise che conservi un minimo di integrità artistica.
…ma non sarebbe un cartone animato.
La parola cartoon è nata per indicare dei corti animati che agli albori del cinema venivano proiettavati tra un film e l’altro. Questi corti non erano collegati a nessun film e non erano necessariamente diretti ai bambini; al contrario, contenevano riferimenti osé, al razzismo, al fumo e ad altri elementi considerati normali all’epoca. In comune avevano il genere: comico. Dovevano far ridere. I Looney Tunes, Betty Boop, Braccio di Ferro, Tom e Jerry, Topolino, Paperino e altri giganti del nostro immaginario sono nati in questo modo. Questi corti erano amati al punto che il pubblico era capace di andarsene se un film veniva proiettato senza essere preceduto da un cartoon! I corti erano prodotti in pacchetti che poi gli animatori vendevano ai proprietari delle sale; insomma, erano fatti per soldi. Molti animatori si consideravano artisti e amavano il proprio lavoro, ma, come ogni lavoro, dovevano/volevano essere pagati.
Tutt’altro respiro possono avere gli odierni film animati; come il Giappone sa bene, l’animazione non è un genere, ma un medium che può essere usato per parlare anche agli adulti. Il motivo per cui l’industria dell’animazione occidentale continua invece a sfornare film diretti a un pubblico infantile è lo stesso che reggeva la passata industria dell’animazione: soldi. Un film per tutti avrà giocoforza un pubblico più vasto che uno diretto soltanto a una nicchia di mercato.
Personalmente, sono contenta che i film della Pixar esistano: con la loro complessità tecnica e di scrittura, sono delle vere gemme. Ma al tempo stesso provo nostalgia per la semplicità e vitalità dei vecchi cartoon: niente dietrologie né angosce, soltanto risate e una sete di vita che mi rendo conto manca nel panorama mediale odierno. In caso di tristezza passeggera so cosa guardare.
Troppi sceneggiatori dimenticano che i colpi di scena o i personaggi complessi sono come l’olio: non tutti i piatti/storie ne hanno bisogno.
Se la contesa fosse stata per migliore film animato, la Pixar avrebbe facilmente sbaragliato la concorrenza, ma se si tratta di decidere chi tra la Pixar o i Minions è il vero/migliore cartoon, la coppa va ai gialli e chiassosi scagnozzi di Gru.
È l’esito che vi aspettavate? Anche voi nutrite opinioni eterodosse sull’animazione? Scrivete e commentate!
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