Gran Canaria è una delle isole più grandi dell’omonimo arcipelago spagnolo. Vi dirò com’è a gennaio
L’arcipelago delle Canarie è probabilmente l’unico luogo in Europa che abbia temperature primaverili anche in pieno inverno. Per questa ragione è molto frequentato da turisti in cerca di un clima favorevole come anziani, famiglie con bambini, ma anche surfisti.
Ho passato due settimane in quest’isola e volevo parlarvene. È molto diversa rispetto a Lanzarote – l’unica altra delle Canarie che abbia visitato. È estremamente diversificata: ci sono zone molto verdi, con intere foreste dotate di vegetazione preistorica e parchi naturali, ma anche dune desertiche in riva al mare – non a caso il Marocco non è lontano – e montagne dove la temperatura è più fredda e non è raro incontrare la nebbia. Ci sono anche dei canyon che sembrano usciti da un western.
Ovviamente siccome il freddo cane, l’umidità e la nebbia sono esattamente le cose da cui sono fuggita e posso avere a casa gratis, non ho visitato molto le montagne. Ho però visitato Fataga, una graziosa cittadina in mezzo a un canyon. Non è molto grande o con chissà quali strutture degne di nota, ma è stata comunque un’esperienza memorabile. Mi sembrava di essere entrata in un film, era come se Zorro in persona potesse materializzarsi all’improvviso nella piazza, o se non lui dei cowboys. Unica nota negativa, la strada per arrivarci è piena di tornanti – non è un viaggio per chi soffra di mal di macchina, vertigini o non si senta sicuro a guidare. Ci sono piccoli negozi di artigianato locale e persino un atelier di un’artista francese. Un luogo tranquillo in mezzo a un paesaggio peculiare, in parte arido, in parte ricco di arbusti e alberi – non è una contraddizione, è proprio un posto particolare.
All’interno dell’isola c’è una foresta la cui vegetazione è unica al mondo, una giungla ferma a un’epoca primitiva. L’ambientazione perfetta per un horror, visto che gran parte dei sentieri percorribili a piedi attraversa zone isolate in cui muoversi in macchina oscilla tra il difficile e l’impossibile. Io e la mia famiglia ne abbiamo scelto uno circolare di soli cinque chilometri, ma tra le salite, le discese e l’attenzione necessaria a dove mettere i piedi ci è sembrato molto più lungo. A tratti si intravedevano dei bei panorami tra le fronde, ma sconsiglio assolutamente quei percorsi a chiunque abbia difficoltà a deambulare o soffra di vertigini.
È stato un sollievo ritrovare la macchina al termine della gita e una capanna-museo con bagni poco dopo la metà.
La capitale di Las Palmas è una metropoli colossale di cui ho visitato il quartiere di La Vegueta, dove svettano antichi palazzi ben conservati di epoca coloniale. Uno di questi è un museo dedicato a Colombo, che partì da queste isole nei suoi viaggi per l’America – anche se rimase sempre convinto che fossero le Indie. Ci sono mappe di ogni genere prima e dopo la scoperta dell’America, riproduzioni e modellini delle navi (la Nina, la Pinta, la Santa Maria ma anche altre) e persino gli originali dei trattati di Tordesillas, le lettere di Colombo, il suo testamento… per una persona amante della Storia e della carta come la sottoscritta è stata una visita molto piacevole. Mi ha aiutato il ricordo di Conquistatori, una storia inedit,a un saggio storico sui conquistadores e la temperie culturale in cui erano immersi che avevo letto ad aprile.
È rimasto intatto anche l’eremo di sant’Antonio abate, dove Colombo pregò prima di imbarcarsi. Attaccato a questo edificio c’è un rododendro colossale di un rosa violaceo così vivace che è possibile vederlo anche dalla cima della cattedrale, da cui ci si gode una vista unica e memorabile della città. Ho visitato anche il quartiere di Triana, ricco di ristoranti e grandi edifici; sono stata nel gabinetto letterario in piazza del Caraisco. Ho potuto sbirciarne i bellissimi interni in stile art Noveau (purtroppo pienamente accessibili solo ai membri) e gustato un’ottima paella nel ristorante aperto al pubblico.
Las Palmas ha anche un lunghissimo lungomare che mi ha ricordato Rimini e altre località che sono state tra le prime a conoscere e inaugurare il turismo di massa.
Piccolo appunto: non fate il mio errore, se vi sentite deboli per qualsiasi motivo prendete l’ascensore, non salite tutte le centinaia e centinaia di scalini necessari per raggiungere la torre della cattedrale.
Suddetta chiesa è splendida, ma ho preferito molto quella neogotica di Arucas; costruita in cima a una collina, spicca moltissimo rispetto al resto degli edifici, più bassi e con tutt’altro stile. È stata costruita in pieno Novecento e all’interno è molto più piccola di quanto sembri da fuori – eppure, paradossalmente, il suo spiccare rispecchia fedelmente quanto accadeva in passato, dove la cattedrale era una chiesa immensa che svettava di contro a edifici in legno o pietra che raramente avevano più di un piano. La cura nelle vetrate, nelle opere, gli archi e tanti altri piccoli dettagli è notevolissima, uscita dal cuore pulsante dei fedeli. Ha una nota di sincerità difficile da ignorare ed è anche possibile avere accesso a un’area interna soprelevata che consente di ammirare le vetrate da vicino. C’è anche il parco Gourié, ricco di piante di ogni genere, comprese alcune a rischio di estinzione – è stato recentemente riaperto e alcune cose potrebbero essere segnalate meglio, ad esempio il fatto che è molto più comodo raggiungerlo in macchina anziché con una scarpinata a piedi per un lungo tratto in pendenza dissestato.
Ho visitato anche Mogan, una cittadina costiera che ha la peculiare caratteristica di trovarsi in mezzo a un canyon. In alcune vie, se guardi dritto vedi il mare, ma se volgi lo sguardo a destra o sinistra vedi montagne rossastre desertiche da western. È bizzarro. È piena di turisti, bar, ristoranti e negozi in cui abbandonarsi allo shopping, ma ci sono anche villini tipici e molti scorci gradevoli. Dal punto di vista culturale ha molto meno da offrire rispetto a Las Palmas, ma se si cerca una giornata di mare in un posto tranquillo e ben attrezzato, Mogan è un’ottima scelta, visto che ospita una bella spiaggia attrezzata con alcune zone libere.
Mi è rimasta impressa perché è stato uno dei primissimi posti che ho visitato. Passare dal freddo cane umido di casa mia ai 23° in riva al mare con la gente che faceva il bagno, il sole caldo e la brezza sul viso è stato un bel salto.
Il mio albergo invece era affacciato sulla spiaggia di Las Meloneras (carina, ma piuttosto piccola e letteralmente circondata da bar, ristoranti e un centro commerciale semi-chiuso), da cui partiva una (lunga) passeggiata costellata di negozi che raggiungeva Maspalomas. Quest’ultima è una spiaggia lunghissima che ha: dune desertiche letteralmente dietro la spiaggia, un’oasi, altri negozi e alcune colonie di nudisti non segnalate.
È stato strano partire per la passeggiata in mezzo a una torma di altri turisti vestiti o in costume e a tratti incontrare dei vecchi con le pudenda al vento che andavano verso il mare.
Paese che vai, usanze che trovi – e per fortuna il viaggiatore non è tenuto ad approvarle tutte.
Un’altra località marittima unica è Playa del Ingles, con un lungomare molto sopraelevato rispetto alla spiaggia – che vede scogliere e rocce alternarsi a spesse lingue di sabbia – e un vento che oscilla tra il forte e il moderato. Anche questa è un’area molto urbanizzata non appena ci si allontana dal mare.
Firgas è invece una cittadina di montagna citata da un sacco di guide per una piccola cascata artificiale e una via che tramite piastrelle colorate, mappe e altre informazioni visuali rende omaggio a tutte le isole dell’arcipelago. È anche famosa per essere il punto d’origine di varie fonti di acqua dolce – cosa non scontata, in un’isola.
Quest’ultima caratteristica è condivisa anche dalla non troppo lontana Teror, ben più grande e pittoresca e colma di edifici tipici ben conservati. È più vivace. Nella piazza principale davanti alla chiesa c’è il ficus più grande che abbia mai visto, con un tronco spessissimo e almeno cinque metri di altezza.
C’erano molte altre cose da visitare a Teror e nel resto dell’isola, ma mi sembra corretto parlarvi di quelle che ho visto di persona.
Non ho mai imparato a scrivere diari di viaggio – lo reputo abbastanza inutile, visto che vi parlo principalmente di libri e non di viaggi – ma volevo comunque comunicarvi ciò che ho visto. Gran Canaria è molto bella, e queste due settimane di vacanze lì sono state necessarie per riprendermi mentalmente da un periodo piuttosto intenso. Fino al 23 dicembre sono stata sommersa di cose da fare, poi ho dato una mano coi preparativi per la vigilia, mi sono abbandonata alle gozzoviglie, le ho pagate con un’indigestione che mi ha messa fuori uso per giorni… e di colpo era già il momento di fare le valigie. Mi sentivo molto meglio, ma al rientro dalla visita a Las Palmas (coi famigerati scalini della cattedrale) sono crollata e mi è venuta l’influenza. Niente che le medicine che mia madre aveva con sé non potessero curare, ma mi sono serviti due giorni di riposo stretto e altri di camminate moderate per riprendermi del tutto.
Ora sono a Lanzarote, dove sto proseguendo la vacanza coi miei cari, ma mentalmente sono in uno strano posto. Continuo a sentirmi esaurita e fatico a trovare le energie e la voglia per scrivere anche se ormai sono passate settimane dal periodo di fatica. Del resto noi non siamo computer a cui basti un tot di tempo prefissato per ricaricare le batterie e tornare al massimo di produttività. Sarebbe comodo, ma la natura umana non funziona così, è normale sperimentare periodi “grigi” con poche energie.
Mi fa molto ridere il fatto che mi sono ricordata di portarmi dietro il computer con la ricarica, ma sono riuscita a dimenticarmi i calzini – problema presto risolto grazie ai negozi.
E grazie ai nostri conterranei in quest’isola, ho ritrovato anche il parmigiano reggiano e il cotechino – con grande gioia di mia madre che ne aborre l’odore.
La vita è strana e spero che l’inizio di questo anno ve lo ricordi nel modo più positivo possibile.
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