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Top 5 eccezioni

Ci sono serie e personaggi capaci di catturarci anche se vanno contro i nostri gusti. Oggi voglio parlarvi delle mie 5 eccezioni preferite.

 

Se c’è un genere per cui non ho mai nutrito alcun interesse, è il drama scolastico-adolescenziale; anche in salsa fantasy, è molto difficile che mi piaccia. Eppure la serie Secrets of the silent witch è diventata una delle mie preferite. La protagonista è una strega suprema di giovane età mandata in missione in un’accademia di magia per proteggere il terzo principe, che finora ha eluso tutti gli altri tentativi di sorveglianza magica. Per riuscirci, la protagonista deve vincere la sua patologica timidezza e paura delle persone, imparare a fidarsi, lasciarsi aiutare e superare i suoi traumi. Più il lettore apprende sul suo passato, più ha i brividi e ne prova compassione. Addirittura viene il sospetto che il superamento del trauma che la porta a vedere le persone come numeri possa andare a discapito della sua forza in battaglia. Finito l’anno scolastico, il principe si laureerà e lei finirà la missione… ma potrà forse tornare nella sua baita solitaria in cima in monti come se nulla fosse successo e non avesse di nuovo aperto le porte del cuore?

La risposta parrebbe negativa. I personaggi che ha intorno non sono meno sfaccettati; il principe in particolare risulta assai difficile da inquadrare. Non è interessato al potere – più che altro è manovrato dal suo orribile nonno che spero muoia male – non è cattivo, ma nemmeno un angelo. Nel quarto volume impariamo molte più cose sul suo conto, ma i suoi maneggi e intenzioni continuano a rimanere oscuri.

Il mondo attorno a loro si fa sempre più complesso e meno rassicurante: cosa trama l’impero loro confinante? Scoppierà una guerra? Quali saranno le conseguenze a lungo termine dell’aver legalizzato magie ancora proibite presso le altre nazioni?

Tante domande, intrighi e batticuori. E io ci sono finita in mezzo.

 

Il rosa non mi dispiace, ma le coppie in cui uno dei due è schiavo/a dell’altra/o non mi attirano affatto. Eppure la serie di rosa-azione The abandoned heiress gets rich with alchemy and scores an enemy general! ha finito per catturarmi. La protagonista è figlia di un nobile decapitato per false accuse e dirige con successo – e avarizia – una piccola bottega di alchimia. Tuttavia ha bisogno di una buona guardia del corpo che la aiuti ad ammazzare i mostri infernali le cui parti sono necessarie all’alchimia e compra come schiavo un generale nemico ormai rassegnatosi a morire nell’arena. È subito chiaro che nonostante l’avarizia e i discorsi pomposi, la protagonista ha un cuore d’oro e una certa ingenuità ed è tutt’altro che una padrona crudele. Viene poi fuori che lui, orfano, era stato costretto a compiere crimini di guerra per colpa di un mezzo lavaggio del cervello e la malvagità (e incompetenza) dell’imperatore dello Stato vicino. È freddo, serio e disposto a uccidere, ma non senza motivo; finisce per innamorarsi ricambiato di lei, che vorrebbe affrancarlo ma non sa come perché c’è di mezzo un rituale magico, ma lui preferisce continuare a portare il collare. La vicinanza a lei inizia a guarire le sue ferite interiori, ma si rende conto che la strada è ancora lunga – e in mancanza di psicoterapia, suppongo che un amore salutare sia meglio di nulla.

Attorno a loro c’è un mondo pieno di magia, insidie e demoni usciti letteralmente dall’inferno perché la gente crede che sia una buona idea farci affari. Con sorpresa di nessun lettore, non lo è, perché questo crea guerre, stragi e grattacapi a non finire – gran parte del cast è orfana per colpa diretta o indiretta di un demone. Ci sono anche mostri e orrori assortiti, quindi nonostante il rapporto tra la coppia principale sia casto e rispettoso, la serie è tutt’altro che melassa. I diversi elementi di azione, amore zuccheroso, misteri e orrori usciti dall’inferno creano un buon equilibrio.

Sono ancora seccata che il secondo volume si sia concluso su un cliffhanger, ma non abbastanza da non voler divorare il terzo.

 

Un tratto caratteriale che mi fa subito detestare un personaggio è il sadismo. L’idea che qualcuno provi piacere nel fare soffrire altre persone è mostruosa, non a caso sono quasi sempre i cattivi ad avere questo tratto. Se sono i buoni, è praticamente una certezza che arriverò a odiarli e tifare per il cattivo. Invece sopporto e sono arrivata a provare un grande rispetto per Arthur Pencilgon (alias della modella Towa Amane) di Shangri-la Frontier. La storia parla delle avventure videoludiche di un gruppo di bravissimi giocatori, e per quanto un videogioco sia realistico, l’uso delle armi e di sotterfugi vari non provoca morti vere né alcuna conseguenza fisica. Pencilgon ama distruggere gli avatar degli altri giocatori nel modo più spettacolare possibile e rendere la vita difficile a tutti, ma nella sua vita reale, come Towa Amane, è gentile e iper professionale e si sforza di essere un buon modello anche etico per le tantissime ragazzine che la amano. Ha trovato un modo per incanalare la sua vera natura dispettosa e potenzialmente omicida in un passatempo dove ciò e ammesso e non ci sono rischi fisici per nessuno. Con le persone vere, invece, è buona e corretta. E scusate se è poco.

Gli altri protagonisti sanno di questa apparente contraddizione e la accettano; non hanno alcuna intenzione di rendere pubblico il suo alias, come è buona etichetta online. Viene da chiedersi se non sia anche il contraccolpo di un lavoro stressante e faticoso dove essere sempre sorridenti è una necessità.

Ha un rapporto salutare di rivalità, rispetto e amicizia col protagonista Sunraku – niente amore, per una volta.

Oserei dire che i flashback delle sue scorrerie videoludiche – per esempio quando aveva preso in ostaggio una principessa per attirare in trappola altri giocatori – sono tra le parti più esilaranti e memorabili della storia. Anche quando sconfigge un altro giocatore dopo avergli fatto crollare addosso centinaia di grattacieli. Rende la serie più movimentata e interessante senza mai davvero nuocere a qualcuno. Brava Pencilgon.

Questa intera storia è un’eccezione a un altro dei miei gusti: la mia preferenza per le light novel rispetto ai manga. Ho in testa che i web novel andrebbero “trasposti” nel formato delle light novel, invece questa storia è stata adattata in un manga e funziona in modo impeccabile. Il tema dei videogiochi si presta particolarmente bene a un medium visivo.

 

Reign of the seven spellblades è uno dei dark fantasy più famosi tra chi legge light novel, nonché una delle mie serie preferite nonostante il mio spiccato disamore per i romanzi dark. È una sorta di Harry Potter con personaggi meglio esplorati e un mondo magico più intrigante e vivace. Ci sono scene strazianti e pugni nello stomaco, ma anche momenti leggeri, comicità, azione e misteri. Non è uno di quei romanzi alla mai-na-gioia dove tutto è costantemente cupo; al contrario, tra battaglie, amicizie e una situazione sempre cangiante il tono è molto vario. Dubito seriamente che le vicende dei personaggi (o almeno quelle del protagonista Oliver, della sua amata Nanao e dell’ambientalista insana Kathy) potranno concludersi con il lieto fine, ma sono comunque interessata a vedere come andrà a finire. La caratterizzazione psicologica, la trama e i misteri del mondo e il suo funzionamento sono realizzati in modo a dir poco magistrale.

È una di quelle storie che sai già sono/saranno tragiche, ma ormai ti sei affezionato ai personaggi e vuoi seguirli fino al loro ultimo respiro, senza poter rinunciare alla speranza sempre più tenue di vederli trionfare sui loro demoni interni ed esterni.

Riuscirà Oliver a portare a termine la sua vendetta segreta contro la maga più potente e spietata del pianeta? Lo ignoro, ma non posso evitare di fargli gli auguri. Ne avrà bisogno.

 

I romanzi pieni di spiegoni non piacciono a nessuno se non, forse, a chi è appassionato di quelli otto-novecenteschi, periodo storico in cui l’esposizione pesante e continua non era considerata un difetto. Non è il mio caso: ci sono serie che ho mollato per le spiegazioni intrusive e continue che rallentavano il ritmo e occupavano troppo spazio rispetto ai personaggi e alla trama, eppure mi sono appassionata a Reincarnated into a game as the hero’s friend: running the kingdom behind the scenes. Il protagonista si reincarna nel mondo fantasy di un videogioco di ruolo a cui ha giocato anni fa e deve giocare bene le sue carte di personaggio di contorno per evitare che la capitale, la sua famiglia e altri innocenti siano uccisi dai demoni in futuro. C’è dell’azione e alcune battaglie, ma una parte consistente del romanzo è occupata da spiegazioni sul funzionamento del mondo e riflessioni del protagonista: qual era il vero intento dei demoni? Il gioco non l’aveva mai spiegato. È tutto uguale al videogioco o ci sono differenze? Fino a che punto ci si può fidare della famiglia reale? In che modo aver salvato il principe che moriva all’inizio della storia cambierà le cose?

Oserei dire che l’appeal più grande, come ammesso dall’autore nella postfazione, sta nel vedere spiegate tante meccaniche dei videogiochi di ruolo. Ad esempio il fatto che le armi più forti non si trovino nell’area di partenza ma in altre più remote, trova una spiegazione logica col fatto che vengono da antiche rovine molto lontane dalla capitale e le città in genere. Se il lettore, al pari della sottoscritta, conosce e ama questo tipo di giochi, il romanzo filerà liscio nonostante il ritmo non velocissimo.

Ci sono scene di battaglia, alcune sanguinose, ma nel complesso il romanzo non è cupo né cruento. Le cose più orribili sono lasciate intendere anziché mostrate con sapore granguignolesco. I personaggi sono molto meglio sviluppati che nel manga o in molte altre storie di questo genere. Il protagonista è un uomo prudente e razionale capace di uccidere se la situazione lo richiede, legato sia al passato sia alla vita presente. Il suo arco narrativo passa dal freddo distacco al rendersi conto che quelli che ha attorno non sono personaggi non senzienti, bensì esseri umani non meno complessi di lui; come reagirà al peggiorare della situazione?

Gli altri personaggi sono meno esplorati, ma hanno comunque i loro tocchi di complessità e umanità. Il mondo sembra vivo ed è pieno di spunti intriganti; insomma, nonostante gli spiegoni e il ritmo lento è una storia che ha molto da offrire al pubblico giusto.

 

 

E voi? C’è una storia che amate anche se va contro i vostri soliti gusti? Scrivete quale, sono curiosa!

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