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Siviglia, Marbella e…

I periodi di vacanza tendono a essere fissi: Natale, Pasqua, estate, oppure occasioni speciali come compleanni, ponti e matrimoni. La mia breve scappata di inizio marzo non rientra in nessuno di questi casi, ma andava a colmare il bisogno di vacanze che sentivo da tempo. Per un serie di motivi, non sono riuscita a rilassarmi granché durante il Natale e l’inverno, e a questo si è aggiunta un’ulteriore ragione di stress: la stasi creativa.

 

Ogni singola persona creativa passa attraverso fasi di grande attività, e altre di sterilità. Nelle prime si hanno così tante idee da non sapere cosa farne, mentre nelle seconde persino buttar giù una riga o pensare a qualcosa diventa un’impresa disperata.

 

Dopo un lunghissimo inverno e mesi interi di blocco dello scrittore condito da infiniti dubbi, ho finalmente terminato la saga di Camena solo per finire in una di queste fasi calanti. Non posso dire che ciò mi abbia colta di sorpresa: era naturale sperimentare un momento di “e adesso?” dopo aver lavorato così tanto a lungo su una stessa serie.

Ho già passato questi periodi, e so perfettamente che la mente umana non può essere forzata a rimanere produttiva in ogni singola ora del giorno, e/o per anni di fila senza sperimentare dei “bassi”. Sfortunatamente, tale consapevolezza non mi rende più facile, né gradevole questa fase.

 

Ho provato a stendere qualche idea per altri possibili romanzi, ma nessuna di queste mi ha fatto tornare la voglia di scrivere, né tantomeno di studiarmi diecimila libri se decidessi di cimentarmi col genere storico.

 

Trovandomi in questa situazione, ho accettato con gioia la proposta di passare qualche giorno in Spagna con la mia famiglia. Le primissime vacanze con me in culla furono fatte nell’isola di Minorca, e frequentiamo la Spagna insulare più o meno da allora. Stavolta abbiamo deciso di visitare la costa continentale del sud, a partire da Siviglia.

 

Siamo stati là per tre splendidi giorni e ho finito per innamorarmene. È una metropoli con infiniti ristoranti e bar di ogni cucina immaginabile aperti a ogni ora del giorno e della notte, tanti angoli incantevoli, e un certo attaccamento alle tradizioni. Mi ricorderò per sempre quando finimmo in una strada di pedoni estremamente affollata, al punto che non fu semplice uscirne. Pensammo di essere capitati presso una qualche celebrità, invece erano i preparativi per una processione.

La Pasqua a Siviglia è molto sentita, e innumerevoli devoti e turisti la affollano per assistere ai riti caratteristici.

 

In tre giorni non abbiamo potuto visitare tutto, ma la cattedrale valeva da sola il viaggio. È la terza chiesa cristiana più grande dopo san Pietro e la cattedrale di Londra, ed è unica al mondo per più ragioni. Una di queste fu il primo dettaglio a colpirci: la sua pianta anomala. Siamo entrati e invece di vedere l’altare principale, il lato più corto e quello più lungo come è norma nelle chiese nostrane, ci siamo ritrovati in un amplissimo spazio senza né capo né coda. C’erano più altari senza che fosse chiaro quale era il principale, statue, quadri, e un oggetto a dir poco straordinario: la pala d’altare più grande del mondo.

 

“Pala d’altare più grande del mondo” è l’espressione corretta, ma è anche inadeguata per descriverla; non è una pala d’altare, è una stanza altissima tutta di legno ricoperta in foglia d’oro con Cristo e i santi. Una grata la separa dai visitatori, e fa parte di una cappella il cui uso è riservato ai reali di Spagna (di cui ero riuscita a scordarmi l’esistenza).

 

Le immagini, le statue e i quadri sono splendidi, e riflettono il tipo di devozione che tutt’oggi resta vivo in buona parte della popolazione.

 

Altri dettagli degni di nota, oltre all’ottima cucina locale, sono l’onnipresenza di pubblicità su corsi di flamenco, e un senso di sicurezza: c’è sempre, anche di notte, tantissima gente che passeggia, comprese donne sole o in gruppi. La guida ci ha avvertito di fare attenzione alla borsa, ma non abbiamo sperimentato niente di negativo, in tal senso.

 

Il clima ballerino ci ha colti di sorpresa: in una stessa giornata era possibile passare dal sole e al caldo, alla pioggia e vento freddo nel giro di pochi minuti. Questo ci ha complicato la visita a bordo della parte scoperta dell’autobus Citysightseeing, ma non ci ha impedito di godere dei vari panorami, dal fiume Guadalquivir che divide la città, alla magnifica piazza di Spagna in cui hanno girato diversi film.

 

Dopo tre giorni, abbiamo commesso la leggerezza di partire da Siviglia per raggiungere Marbella in macchina. Più di tre ore in una strada che dopo i primi cinquanta minuti diventò il festival infinito dei tornanti di montagna nel bel mezzo del nulla. Non male dal punto di vista paesaggistico, ma se uno non è un fan delle curve, faticherà non poco ad apprezzare il panorama di boschi incontaminati.

 

Marbella è una mezza metropoli costiera il cui lungomare mi ha vagamente ricordato Rimini; è molto ben tenuto e costellato da ogni genere di ristoranti, bar e gelaterie alcuni dei quali muniti di buttadentro. È un posto più anonimo rispetto a Siviglia, ma le vie del centro storico sono uno splendido gioiello, e anche le chiese e cappelle sparse meritano una visitina. Ha anche un lato costruito sulla collina non meno memorabile e degno del centro storico pianeggiante.

 

Abbiamo considerato l’idea di visitare Estrepona, poco distante, ma l’abbiamo trovata piuttosto anonima, nonché sotto una coltre di pioggia.

 

Il tempo atmosferico era stato variabile a Siviglia, ma nella seconda parte della vacanza a Marbella si è rivelato traditore. Venti gelidi e piogge torrenziali potevano guastare giornate partite col sole od occupare tutte e ventiquattro le ore.

 

Questo non ci ha impedito di visitare Malaga nell’ultimo giorno. Abbiamo scoperto troppo tardi che per il museo dedicato a Picasso è opportuno prenotare con largo anticipo, ma abbiamo visitato la sua casa, trasformata a sua volta in un piccolo museo, nonché la cattedrale. Come quella di Siviglia, è una moschea che fu riadattata a chiesa dopo la Reconquista, ha una pianta priva di senso (o tale è sembrata ai nostri standard di gente abituata a vedere le chiese a croce latina) ed è piena di oggetti d’arte notevoli. Avremmo voluto visitare la città più a lungo, ma ormai era già l’ultimo giorno.

 

Un altro contrattempo è stato un fastidioso virus intestinale che ci ha costretti a riposo per un paio di giorni.

 

Ci sono tante cose di quel luogo che avrei voluto riportare con me, ma la pioggia non è fra queste; è stato dolceamaro tornare a casa per rivedere il sole.

 

Mi distrugge che per vedere il mare devo fare più di due ore di macchina, o prendere il treno, oppure l’aereo, mentre per la montagna bastano cinquanta minuti di macchina. Vorrei fosse il contrario.

 

E voi preferite il mare o la montagna? Vorreste sapere altro, sulla Spagna? Fatemi sapere!

 

 

 

 

 

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